Rivista Anarchica Online


dossier

 

a cura di Massimo Ortalli


Nota dell’autore

Come già per la precedente bibliografia, Leggere l’anarchismo. La storia, le storie, il pensiero, pubblicata come supplemento al n. 311 di A–Rivista anarchica (ottobre 2005), l’obiettivo che mi sono proposto con questo dossier è stato quello di fornire il quadro quanto più possibile completo di ciò che è stato pubblicato, questi ultimi anni, su temi e argomenti concernenti l’anarchismo. L’arco temporale di questo lavoro, a parte rari inserimenti che si riferiscono a pubblicazioni meno recenti e non segnalate in precedenza, va dalla fine del 2005 a tutto il 2008, quindi restano esclusi i titoli apparsi ne primi mesi del 2009.
Il lavoro non pretende di essere esaustivo, sia perché qualcosa può sempre sfuggire sia perché è stata volutamente esclusa la gran parte di quelle pubblicazioni che, avendo un carattere fortemente militante ed essendo, anche se involontariamente, di scarsissima distribuzione, non si rivolgono ad un pubblico di lettori vasto e “neutrale” quale è quello al quale intendo rivolgermi. Ciò non toglie ovviamente nulla al valore o all’utilità di queste pubblicazioni e infatti mi riprometto di compilare, prima o poi, una sorta di appendice che comprenda i titoli esclusi fino ad ora.
Come avevo già scritto nel precedente dossier, qualcosa sicuramente è sfuggito, qualcosa, forse, non è descritto nel modo più appropriato e in taluni casi è stata forse fornita un’interpretazione non da tutti condivisibile. Spero comunque che anche questo lavoro, come il primo, possa servire da strumento di conoscenza e di approfondimento delle tematiche, della storia e delle storie dell’anarchismo e del movimento anarchico.
Se così sarà, il mio impegno avrà prodotto lo scopo che soprattutto mi interessava.
Buona lettura!

Massimo Ortalli
massimo.ortalli@acantho.it


Duecento nuovi titoli

Sono passati circa tre anni dalla pubblicazione della precedente bibliografia dell’anarchismo da me curata (Leggere l’anarchismo. La storia, le storie, il pensiero, suppl. al n. 311 dell’ottobre 2005 di A-Rivista Anarchica) e in questo lasso di tempo relativamente breve si sono aggiunti oltre duecento nuovi titoli di opere che hanno a che fare, più o meno organicamente, con le tematiche legate al pensiero anarchico e alla vita del movimento libertario italiano e internazionale. A dimostrazione che, a dispetto della presunta fine delle ideologie, o peggio ancora, della presunta fine della storia, il sistema di idee che per comodità potremmo definire “pensiero anarchico” conserva ancora un’intensa vitalità e un deciso interesse. Cercherò dunque, con questo secondo dossier, di illustrare, spero abbastanza compiutamente, gli sviluppi registrati in campo editoriale in questi ultimi anni, aggiungendovi anche alcuni testi pubblicati in anni precedenti e sfuggiti al mio precedente lavoro.


Storia generale

Parecchi, anche se alcuni non di grande valore, i testi che trattano della storia dell’anarchismo, tanto nel suo complesso quanto relativamente ad alcuni dei suoi aspetti topici e fondanti. Innanzitutto segnalo la Storia dell’anarchismo (Bari, Dedalo Editore, 2006), del francese Jean Préposiet. Anche se un po’ sbilanciato sul versante francese, tanto per non smentire lo strisciante sciovinismo che non risparmia i transalpini, questo ampio saggio, arricchito dall’introduzione di Gaetano Manfredonia, fornisce un quadro esauriente della complessità della storia internazionale del movimento. Va detto, però, che nell’intento di accomunare sotto un generico “segno” libertario idee e movimenti che solo forzatamente possono essere avvicinati all’anarchismo, sono inopinatamente inserite pagine che, a mio parere, non hanno nulla a che fare con l’argomento. Quelle, ad esempio, sul filonazista e antisemita Céline, figura che, al di là del suo valore letterario, non può certo ritrovarsi in compagnia di persone come Malatesta e Bakunin. Per restare nell’ambito delle critiche, passiamo a Gli anarchici. Cronaca inedita dell’Unità d’Italia (Roma, Editori Riuniti, 2006) di Aldo De Jaco, riproposta di un lavoro uscito in prima edizione quasi quarant’anni orsono, per il quale gli editori non si sono minimamente curati di aggiornare né l’impostazione storiografica né l’apparato di note, consegnando quindi improvvidamente al lettore un testo che era inutile e capzioso allora, e che è ancor più capzioso e inutile oggi. Infine, di Emilio Gianni, L’Internazionale italiana fra libertari ed evoluzionisti. I congressi della Federazione Italiana e della Federazione Alta Italia dell’AIL (1872-1880), edito dalle edizioni Pantarei di Lotta Comunista nel 2008. La serietà nella ricerca, in questo saggio corposo, c’è tutta, come dimostra anche l’interessantissimo repertorio biografico degli Internazionalisti italiani, ma purtroppo fa velo l’interpretazione “a tesi” di un periodo storico e di avvenimenti che andrebbero più efficacemente inquadrati senza la soffocante griglia dell’ideologia. Anche perché siamo perfettamente convinti che, tanto per fare un esempio, lo “scontro” fra Bakunin e Marx non debba più essere interpretato alla luce dei “successi” del materialismo dialettico. Comunque, a dimostrazione di come la ricerca storiografica sappia lavorare anche con altri strumenti interpretativi, vengo a segnalare alcuni testi che permettono di approfondire momenti particolarmente importanti della storia più o meno recente dell’anarchismo. Innanzitutto Una piccola storia dell’anarchismo (Lugano, La Baronata, 2006), di Marianne Enckell, attivissima responsabile del Cira, l’importante archivio anarchico con sede a Losanna. Studiosa e militante, Marianne Enckell ha voluto condensare in queste brevi pagine una succinta ma completa storia del processo in divenire dell’anarchismo “con l’intenzione di fornire una traccia, alcuni stralci, delle linee di forza, scandite da canti libertari”. Poi L’utopia del sindacalismo rivoluzionario. I congressi dell’Unione Sindacale Italiana (1912-1913) (Roma, Bulzoni, 2001). A fianco della bella introduzione dell’autore, Amedeo Osti Guerrazzi, che evidenzia la vivacità del dibattito che interessò il composito mondo dei sindacalisti rivoluzionari, vengono riportati gli interventi più significativi dei Congressi dell’Azione Diretta di Modena del 1912 e di Milano del 1913. Utile nel far comprendere i meccanismi dell’involuzione nazionalistica ed autoritaria che spingerà alcuni di quei dirigenti ad arruolarsi volontari nella Grande guerra per poi abbracciare il fascismo “rivoluzionario”.

Congresso dell’Unione Sindacale Italiana, Roma 1922

Mirella Scriboni ha raccolto, nel suo Abbasso la guerra! Voci di donne da Adua al Primo conflitto mondiale (1896-1915) (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2008), una ricca testimonianza dell’impegno delle donne socialiste ed anarchiche contro le varie avventure guerresche scatenate dalla borghesia italiana. Interessante anche perché mostra come l’impegno antimilitarista di queste donne non fosse solo quello delle madri o delle mogli che si vedevano sottrarre figli e mariti, ma soprattutto l’espressione di una coscienza sociale fortemente lucida e motivata. Un altro volume che ci riporta ai primi decenni del secolo scorso è L’Unione Anarchica Italiana. Tra rivoluzione europea e reazione fascista (1919-1926) (Milano, Zero in Condotta, 2006) in cui sono raccolti gli atti del Convegno sulla nascita dell’Unione Anarchica Italiana, tenutosi a Imola nell’ottobre del 1999. L’esperienza dell’Uai fu importante non solo all’interno del processo organizzativo dell’anarchismo italiano, ma anche come motore trainante nella fase rivoluzionaria del primo dopoguerra, a cui pose termine il violento avvento del fascismo. Questa raccolta di saggi, oltre ad approfondire la conoscenza delle vicende del movimento anarchico, affronta anche gli sviluppi e le implicazioni del processo rivoluzionario italiano e internazionale, contribuendo alla riflessione sulle dinamiche dello scontro sociale e di classe. Molto apprezzabile, poi, la riedizione di un utilissimo compendio per conoscere più approfonditamente l’attività del movimento anarchico italiano fra la prima e la seconda guerra mondiale. L’editrice Samizdat di Pescara ha infatti ripubblicato, nel 2002, Un trentennio di attività anarchica. 1914-1945, l’elencazione pressoché completa delle date e dei fatti più significativi della nostra travagliata storia in uno dei periodi più travagliati dell’Italia moderna.

Foto di gruppo dell’Unione Anarchica Valdarnese, 1920 circa

Sempre restando alla riproposta di testi riguardanti l’attività dell’anarchismo organizzato, segnalo la ristampa, nel 2008, ad opera delle Edizioni Malfattori/Jnquietudes di Milano, di L’anarchismo e i lavoratori. Un convegno di studi sui rapporti fra Movimento anarchico e movimento dei lavoratori - Milano 1949, organizzato, allora, dal Gruppo Milano 1 della Fai. Un dibattito di grande spessore sull’involuzione sindacale come cinghia di trasmissione dei partiti politici, che vide fra i suoi protagonisti militanti come Marzocchi, Failla, Gervasio, Bianconi, Lizzari. Venendo ad anni più recenti, va segnalato di Franco Schirone La Gioventù Anarchica negli anni delle contestazioni 1965-1969 (Milano, Zero in Condotta, 2006), il primo studio davvero esauriente e completo sulla Federazione Anarchica Giovanile Italiana e sul nascente movimento anarchico dell’ultima generazione. Con uno sguardo attento e partecipe l’autore, valendosi di una ricca documentazione, in gran parte inesplorata, affronta i processi di trasformazione che videro il passaggio non sempre indolore dall’anarchismo che possiamo definire storico, erede dei Borghi, Fabbri e Malatesta, a quello della “contestazione”, aperto agli stimoli dei nuovi tempi e profondamente innovativo sia sul piano dei contenuti che su quello degli strumenti d’intervento. A ideale integrazione degli studi su quel periodo, si aggiunge Alla prova del Sessantotto. L’anarchismo internazionale al Congresso di Carrara, Milano, Zero in Condotta, 2008 curato da Roberto Zani con la partecipazione dell’Archivio Storico della Fai. Corredato dal cd che riproduce gli interventi pubblici di quel congresso, e da testimonianze scritte ed orali, in parte inedite, questo lavoro ricostruisce con vivacità e fedeltà le storiche e tumultuose giornate che videro riunite a congresso le due anime del movimento anarchico, quella della tradizione e della continuità, e quella che aveva trovato sulle barricate parigine e nelle università italiane tanti buoni motivi per innalzare nuovamente le bandiere nere e rossonere dell’anarchia.


... e storia locale

Passando dai lavori di carattere complessivo a quelli relativi a figure, storie ed episodi di rilevanza più localistica, troviamo, come era logico aspettarsi data la ricchezza degli argomenti e il fiorire degli studi di questo tipo, numerosi lavori che permettono di approfondire e arricchire la conoscenza non solo della storia dei movimenti libertari ma anche, più in generale, della storia sociale italiana ed europea. Partiamo, questa volta, dalle regioni meridionali, spesso trascurate dalla storiografia perché ritenute, probabilmente a torto, meno ricche e interessanti, dal punto di vista dei movimenti sociali, di quelle del centro e del nord. Cominciamo dal sud estremo, la Sicilia, dove l’anarchismo, lo sappiamo, ha spesso trovato terreno fertile per esprimere militanti di grandissimo spessore politico e umano. Uno di questi, poco conosciuto ai più fino ad oggi, è Giorgio Nabita, di cui traccia una bella e approfondita biografia, preceduta dalla puntuale prefazione di Natale Musarra, Pippo Gurrieri nel suo Giorgio Nabita, sarto. Socialismo, anarchismo e antifascismo a Vittoria, 1889-1938, Ragusa, Sicilia Punto L, 2008. Merito non secondario di questa ricerca è l’essere riusciti a coniugare la storia personale del nostro sarto con quella di un intero territorio, inaspettatamente, ma forse non troppo, ricco di una storia sociale affascinante. Ecco poi ben cinque studi sugli anarchici calabresi, opere prevalentemente di un gruppo di studiosi legati all’ambiente accademico dell’Università cosentina e all’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea. Di Katia Massara, L’emigrazione “sovversiva”. Storie di anarchici calabresi all’estero (Cosenza, Le nuvole, 2002), opera particolarmente ricca di notizie, che ci fa scoprire una realtà assolutamente imprevista, fatta di centinaia e centinaia di compagni, costretti, per i più svariati motivi – dalla fuga dalla repressione alla ricerca di dignitosi mezzi di sostentamento – a cercare, in ogni angolo del mondo, il loro spazio di libertà. A integrazione di questa documentazione, il bel lavoro di Angelo Pagliaro, Paolani emigranti e ribelli. Carte di polizia di anarchici paolani emigrati in Sudamerica all’inizio del XX secolo (Paola, L’autore, 2006), che descrive, grazie anche a un ricco e pregiato apparato documentario, il contributo dato dai proletari della città calabrese al generale sviluppo dell’anarchismo in Sud America. Sempre di Pagliaro, e sempre su anarchici calabresi emigrati in Argentina, Il Gruppo libertario cetrarese. Emigrazione e coscienza anarchica (Cosenza, Klipper edizioni, 2008), la descrizione, arricchita dalla riproduzione di interessanti documenti, del folto gruppo di libertari partiti dal piccolo paese di Cetraro e poi particolarmente attivi nella propaganda e nella lotta nei primi anni Trenta del secolo scorso. Calabresi sovversivi nel mondo. L’esodo, l’impegno politico, le lotte degli emigrati in terra straniera (1880-1940) (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004), è il volume che raccoglie i brillanti saggi di Amelia Paparazzo, Katia Massara, Marcella Bencivenni, Oscar Greco ed Emilia Bruno: una realtà tanto importante quanto misconosciuta, quella calabrese, che vide molti dei suoi uomini migliori prendere la via dell’esilio e dell’emigrazione coniugando la fierezza di ideali politici avversati dal potere con la necessità di trovare all’estero condizioni di vita più dignitose. Infine l’omaggio che Domenico Cortese ha voluto riservare alla memoria del padre Salvatore Cortese. Un antifascista arbëresh di Lungo (Lungo, Masino, 2007), un altro anarchico calabrese poco conosciuto ma dalla vita avventurosa ed affascinante, che conobbe e frequentò, in giro per il mondo, personaggi come Luigi e Luce Fabbri, Sandro Pertini, Alfonso Failla e tanti altri. Una bella sorpresa anche dalla Puglia. Arriva infatti l’Autobiografia (Terlizzi, Edizione fuori commercio, 2008) di Giuseppe “Peppino” Tota, l’anarchico canosino che molti di noi ancora ricordano a Congressi e convegni con l’immancabile cravattona nera e l’altrettanto immancabile generosa animosità. Ottant’anni di lotte, di sofferenze e privazioni, ma anche di partecipazione entusiasta alle attività dell’anarchismo e alla vita sociale di Canosa, a suo tempo famosa come la Carrara del sud. Restando al meridione, occorre segnalare, con particolare soddisfazione, l’ottimo lavoro, ricco tanto di calore e passione quanto di indagine sulle fonti, di Fabrizio Giulietti, uscito a Milano, nel 2008, per i tipi di Franco Angeli, L’anarchismo napoletano agli inizi del Novecento. Dalla svolta liberale alla settimana rossa (1901-1914). Qui veniamo a conoscenza di una Napoli libertaria e proletaria in prima fila nella lotta per l’affermazione dei diritti dei lavoratori, e animata da personaggi tanto straordinari e importanti quanto poco rinomati anche fra i cosiddetti cultori della materia: Francesco Cacozza, Carlo Melchionna, Umberto Vanguardia e tanti altri, protagonisti di un periodo di lotte e rivendicazioni di cui oggi abbiamo, finalmente, il quadro più completo. Poi due lavori sull’Abruzzo del ricercatore aquilano Edoardo Puglielli, entrambi pubblicati nel 2006 dal Centro studi libertari Camillo Di Sciullo di Chieti: il primo, Battaglie e vittorie dei ferrovieri abruzzesi. 1894-1924, sulle vicissitudini e i luminosi episodi del movimento e del Sindacato Ferrovieri Italiani ancora poco studiati eppure estremamente vitali e combattivi, e il secondo L’autoeducazione del maestro. Pensiero e vita di Umberto Postiglione (1893-1924), biografia “esemplare” e quasi paradigmatica di uno dei tanti militanti anarchici, libertari e del movimento operaio dei primi anni del Novecento, fatta di emigrazione in America, lavori umili, attività sociale e sindacale – Postiglione fu a lungo attivo nell’IWW – lotta al fascismo, contatto organico con le masse proletarie. Un altro “grande” anarchico abruzzese, trapiantato in America, è Carlo Tresca, di cui è finalmente uscita in Italia la Autobiografia (Roma, Edizioni Anicia, 2006), corredata dalla corposa introduzione e dalle note di Nunzio Pernicone, fra i più attenti conoscitori dell’anarchismo italo-americano del Novecento. Si tratta delle vicende di uno dei personaggi più emblematici e complessi della sinistra radicale americana, l’anarchico, sindacalista, agitatore rivoluzionario e indefesso militante antifascista Carlo Tresca, sempre al centro della vita politica e sociale nordamericana anche nelle situazioni più drammatiche, come testimonia il suo misterioso assassinio nel 1943 (gangster, polizia, fascisti, bolscevichi?) sui marciapiedi di New York. Affianca questo testo l’omaggio, ora raccolto in opuscolo (Il “Caso” Tresca, S. Eustachio, Il Grappolo, 2006), pronunciato alla Rand School di New York, a pochi giorni dal delitto, dal suo compagno di lotte Ezio Taddei. Risalendo lo stivale, giungiamo nelle Marche, dove incontriamo la figura di Ottorino Manni, ottimamente tratteggiata da Roberto Giulianelli nel suo Un eretico in paradiso. Ottorino Manni: anticlericalismo e anarchismo nella Senigallia del primo Novecento (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2007). Ottorino Manni, come si sa, nonostante un’esistenza drammatica segnata da una malattia inesorabilmente progressiva e devastante, riuscì a svolgere un intenso lavoro di pubblicista “al servizio dell’ideale”, collaborando a numerose pubblicazioni anarchiche e anticlericali e rappresentando una fastidiosa spina nel fianco della morale bigotta e benpensante della borghesia. Restando nelle Marche, ci si imbatte in un libro prezioso, non solo per i contenuti ma anche per la ricchissima veste tipografica, piena di foto a colori e riproduzioni. Igino Colonnelli, evidentemente affezionatissimo alla propria Matelica, ha curato la biografia di uno dei tanti anarchici, oggi più o meno sconosciuti ma che furono così importanti nel tessuto sociale della sua comunità. Parliamo di Giuseppe Moscatelli “Moschino”. Vita di un muratore “costruttore di case e di uomini”, Matelica, Halley editrice, 2008, personaggio noto e amato nella sua città, che ha dedicato tutta la sua esistenza all’impegno sociale e politico. La biografia di Moscatelli, passato dall’anarchismo giovanile al Partito comunista, diventa il pretesto, più che legittimo viste le tante traversie del Novecento, per dare voce alla biografia di una nazione. Spostandoci di poco, arriviamo in Toscana, una delle patrie storiche dell’anarchismo italiano; e qui, ovviamente, non si può non incontrare Carrara con i suoi cavatori. Di Gino Vatteroni, giovane studioso di “nobili” ascendenze libertarie, è il bel saggio Sindacalismo, anarchismo e lotte sociali a Carrara dalla prima guerra mondiale all’avvento del fascismo (Carrara, Il Baffardello, 2007), frutto di una accurata ricerca archivistica. La descrizione delle storie e dei momenti che hanno fatto della città del marmo la capitale italiana dell’anarchia, permette di capire come la combattività dei cavatori e dei proletari apuani, negli anni cruciali segnati dall’attacco congiunto di Stato, capitale e fascismo, poté limitare i danni della repressione e gettare le basi per la nuova libertà conquistata, scendendo “dai monti sarzanelli”, con le armi. Un altro bel testo incentrato su personaggi di una comunità toscana altrettanto refrattaria alle violenze del potere, quella della Val di Chiana, è l’opera a quattro mani (Cinzia Cardinali e Ezio Raspanti, Bernardo Melacci poeta libertario, Foiano della Chiana, Anpi, 2005), con prefazione di Giorgio Sacchetti, che traccia la drammatica biografia di un irriducibile avversario del fascismo, Bernardo Melacci, proletario cresciuto in un paese della “rossa” toscana, condannato a trent’anni – che sconterà al carcere, al confino e in manicomio – per avere guidato, nel 1921, la resistenza contro i fascisti venuti a incendiare le sedi proletarie di Foiano. È sorprendente leggerne le struggenti e ribelli poesie, testimonianza di una umanità miracolosamente preservata a dispetto dello strazio della sua esistenza.

Bernardo Melacci

Ogni tanto rispunta un fumetto a narrare, in forma “leggera”, un po’ della storia del movimento anarchico. Fabio Santin, animatore della rivista «aParte» e Marco Riccomini, rispettivamente disegnatore e autore dei testi – davvero bravissimi – hanno creato questo bel racconto, Gaetano Bresci, un tessitore anarchico (Montespertoli, Edizioni Mir, 2006) dove si parla di Gaetano Bresci, il tessitore pratese emigrato a Paterson sul finire dell’800 e rientrato in Italia per “giustiziare” il re buono, Umberto I, complice del massacro del popolo milanese durante i moti del 1898. Il volume tratteggia una figura che, nella drammaticità della sua vicenda, riesce sempre a trasmettere segni di profonda umanità. Arriviamo poi, in questo percorso a ritroso, all’Emilia Romagna, altra terra feconda di spiriti liberi e movimenti sovversivi. Tomaso Marabini, Giorgio Sacchetti e Roberto Zani hanno colmato una lacuna, scrivendo la biografia di un personaggio tanto importante quanto ancora, sostanzialmente, ignorato.

Attilio Sassi (secondo da destra)
fra i minatori del Valdarno nel 1951

Con Attilio Sassi detto bestione. Autobiografia di un sindacalista libertario (Milano, Zero in Condotta, 2008 + cd) possiamo conoscere il sindacalista anarchico, imolese di nascita ma toscano di adozione, che guidò le epiche lotte dei minatori del Valdarno nel primo dopoguerra, portandoli a conquiste sociali e salariali paragonabili solamente a quelle ottenute dai cavatori di Carrara guidati da un altro sindacalista anarchico, Alberto Meschi. Il libro è arricchito dalle testimonianze dei famigliari, da una sorprendente raccolta di poesie del “severo” militante e infine dai resoconti dei verbali delle riunioni del Sindacato minatori della Cgil di cui Sassi fu segretario nazionale nel secondo dopoguerra. I compagni modenesi hanno poi proseguito nel lavoro di studio e riscoperta del loro passato libertario con Per un mondo migliore. Alle radici dell’anarchismo modenese, parte II (San Possidonio di Modena, Biblioteca Popolare Ugo Fedeli, 2005), seconda e ultima parte di una accurata e preziosa ricerca storica che arriva ai primi anni Cinquanta. Ne esce un quadro sorprendente, vivace e complesso, in cui emergono le belle figure di Renzo Cavani, di Filippo Lusvardi, dei fratelli Gilioli e dei tanti che lottarono per la libertà e contro il fascismo, e che mostra come anche a Modena, una delle culle del socialismo prima e del comunismo poi, la presenza degli anarchici sia stata sempre una delle componenti fondamentali del movimento dei lavoratori. Affianca questo lavoro un bell’opuscolo dei compagni di Libera, 7 aprile 1920. La nostra storia, pubblicato nel 2007: una ricostruzione illustrata della presenza anarchica a Modena, dai primi anni del 1900 fino all’attività libertaria dei giorni nostri. Segnalo, poi, la ristampa del breve saggio di Antonio Zambonelli, Vita battaglie e morte di Enrico Zambonini (1893-1944) (Villaminozzo, Circolo Enrico Zambonini – Fare – Anpi e Fiap di Reggio Emilia, 2008), dedicato a una delle figure più belle dell’antifascismo reggiano, l’anarchico Enrico Zambonini, combattente nella guerra di Spagna, fucilato dai fascisti nel 1944 con l’accusa di avere sempre lottato per la libertà. Il Veneto, quel Veneto una volta bianco e oggi ferventemente leghista, ci consegna, abbastanza inaspettatamente, il ritratto di personaggi estremamente determinati nella lotta per la libertà e per il rispetto dell’individuo. Andrea Dilemmi, giovane studioso e attualmente fra i responsabili delle Edizioni Biblioteca Serantini, ha scritto un nuovo saggio, Il naso rotto di Paolo Veronese. Anarchismo e conflittualità sociale a Verona (1867-1928) (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2006), di quella storia locale che si vorrebbe “minore”, ma che quando produce risultati scientifici così complessi e approfonditi, permette di comprendere quale ricchezza di storie e di contenuti caratterizzò la vita del movimento anarchico nei suoi “anni d’oro”. Possiamo così incontrare, con sorpresa rispetto a quanto si è portati a pensare, una realtà fatta di grandi lotte accompagnate da un sostegno popolare che nulla aveva da invidiare a quello delle zone tradizionalmente rosse. A ulteriore documentazione di una simile realtà, e con altrettanta ricchezza di argomenti, l’autobiografia di Giovanni Domaschi, Le mie prigioni e le mie evasioni. Memorie di un anarchico veronese dal carcere e dal confino fascista (a cura di Andrea Dilemmi, Verona, Cierre edizioni, Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2007), un libro davvero splendido, che fa capire come la profondità dell’impegno militante di un modesto meccanico di officina abbia potuto dare un contributo così importante alla lotta antifascista.

Giovanni Domaschi

Un altro anarchico di cui sapevamo ben poco è il veneziano Luciano Visentin, personaggio leggendario della Mestre sovversiva riportato opportunamente in vita da Piero Brunello, docente di Storia sociale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, L’anarchico delle Barche. Notizie su Luciano Visentin, calzolaio (1898-1984) (Mestre, Quaderni di storiAmestre, 2005). Di Alessandro Pellegatta, vanno segnalati tre volumi, Cronache rivoluzionarie in provincia di Varese (1945-1948). Il Partito Comunista Internazionalista, gli anarchici e i dissidenti libertari nel periodo della ricostruzione postbellica (Milano, Pagine marxiste, 2004); Cronache rivoluzionarie a Portoferraio (1944-1949). I comunisti internazionalisti e la lotta degli operai elbani contro la chiusura degli altiforni (Milano, Pagine marxiste, 2005); I figli dei serrati. Una storia di affido proletario e di solidarietà di classe da Piombino a Gallarate (1911) (Milano, Pagine marxiste, 2006). L’autore è un militante del Partito Comunista Internazionalista, impegnato a riproporre all’attenzione dei lettori episodi dimenticati o rimossi della lotta delle classi subalterne contro gli attacchi padronali. Attento, nonostante una forte connotazione marxista, all’azione e alla presenza degli anarchici e dei libertari, spesso protagonisti di quelle lotte, riporta alla luce episodi dell’intensa solidarietà sociale che permise, in più occasioni, di respingere caparbiamente l’offensiva padronale. Qui si parla delle epiche lotte dei metallurgici elbani, del ruolo delle dissidenze proletarie nel varesotto al termine della seconda guerra mondiale, della fattiva solidarietà che consentiva, in anni di durissime difficoltà economiche, il proseguimento ad oltranza degli scioperi operai. Restando in Lombardia, abbiamo, di Albino Bertoletti e Alberto Gotti, Alle origini dell’anarchismo bergamasco (Bergamo, Centro Studi “Pier Carlo Masini”, 2006). Nel solco del Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, questo studio sulle figure e sui momenti più rappresentativi dell’anarchismo bergamasco dalle origini fino all’avvento del fascismo, contribuisce a sfatare il luogo comune sulla cosiddetta “Vandea” bianca, dove non mancarono figure di militanti libertari, che seppero vivacizzare con le lotte e un radicale anticonformismo la vita politica e sociale della Lombardia. Arricchiscono il volume le fotografie “segnaletiche” nelle quali, a dispetto del preteso e sbirresco marchio lombrosiano, ritroviamo lo sguardo fiero e dignitoso dei ribelli di un tempo. Dalla Liguria, ad opera di Giuseppe Milazzo, arriva la biografia di un personaggio quasi sconosciuto, Giuseppe Cava Beppin da Cà. “Il poeta di Savona” (Savona, Associazione “A. Campanassa” – Sabatelli, 2007), militante anarchico, sindacalista e cultore del vernacolo savonese: un’altra piacevole sorpresa che permette di scandagliare una realtà libertaria solo apparentemente marginale. Sicuramente ben più noto il soggetto di Giorgio Amico e Yuri Colombo, Un comunista senza rivoluzione. Arrigo Cervetto dall’anarchismo a Lotta Comunista: appunti per una biografia politica (Bolsena, Massari, 2005), uno dei personaggi più importanti e significativi della sinistra rivoluzionaria del secondo dopoguerra. Trascorsa nel segno di Lotta Comunista, l’organizzazione leninista da lui fondata e diretta, e ancora radicata nel Levante, la sua vita si intreccia con le vicende e i personaggi dell’anarchismo operaio e sindacale degli anni Cinquanta, dall’esperienza dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria a quella del Movimento della Sinistra Comunista. Sicuramente un testo utile per capire le tensioni e gli slanci ideali che attraversarono i settori della classe operaia, anarchici e marxisti, che non si rassegnarono all’egemonia del Partito Comunista Italiano. Fra Liguria e Piemonte le vicende narrate da Marco Ventura nel suo Il campione e il bandito. La vera storia di Costante Girardengo e Sante Pollastro (Milano, Il Saggiatore, 2006) dove si parla della curiosa amicizia nata a Novi Ligure, in una realtà paesana e contadina particolarmente vivace in tutte le sue componenti più “irrequiete”, fra Costante Girardengo, uno dei miti viventi del ciclismo eroico dei primi del Novecento, e Sante Pollastro, l’anarchico espropriatore che, dopo essere stato catturato dai carabinieri in un drammatico conflitto a fuoco, sconterà l’ergastolo fino alla grazia nel secondo dopoguerra. Su questa curiosa amicizia ha scritto anche Luigi Balocchi, in Il diavolo custode (Padova, Meridiano Zero, 2007), con una sorta di romanzo biografico nel quale si tratteggia, in modo forse un po’ troppo idealizzato, “l’esistenza di un idealista libertario, di un uomo di straripante vitalità, che si fece bandito per regalare un sogno di rivalsa ai diseredati della sua terra”. Si sa che gli anarchici hanno sempre avuto un grande “rispetto” per la carta stampata, e infatti la loro propaganda ha dato vita, storicamente, a una vera e propria messe di giornali, opuscoli e manifesti. Ne è dimostrazione una preziosa pubblicazione della Biblioteca Franco Serantini di Pisa uscita nel 2007 e curata da Maurizio Antonioli, Editori e tipografi anarchici di lingua italiana tra Otto e Novecento, una raccolta di saggi sull’editoria degli anarchici italiani all’estero a cavallo del Novecento, nella quale si rende conto della ricchezza, qualitativa e quantitativa, della produzione editoriale di un movimento che, pur tra le mille difficoltà della vita quotidiana e della costante repressione, riesce a trasmettere il proprio pensiero e le proprie idee a dispetto di tutto. Pier Carlo Masini è conosciuto come lo “storico dell’anarchia” e la sua intensa esperienza politica e culturale è magistralmente ricostruita nel volume Pier Carlo Masini. Impegno civile e ricerca storica tra anarchismo, socialismo e democrazia, curato da Franco Bertolucci e Giorgio Mangini e pubblicato nel 2008 dalla pisana Biblioteca Franco Serantini. Non è solo l’omaggio di chi l’ha conosciuto e ne ha apprezzato le doti umane e intellettuali, ma anche la ricostruzione di vicende che hanno segnato profondamente la storia del movimento anarchico negli anni cinquanta del secolo scorso. Particolarmente interessante, oltre alla bibliografia completa degli scritti di Masini, la ricostruzione dell’esperienza della Biblioteca Max Nettlau, il primo tentativo, in Italia, di costruire un archivio storico dedicato all’anarchismo. Altre testimonianze dell’interesse degli anarchici per la loro storia, e di conseguenza per la conservazione della memoria, sono tre libri riguardanti alcuni degli archivi più importanti del movimento. Il primo, Una biblioteca tra storia e memoria. La “Franco Serantini” (1979-2005) (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2006) raccoglie l’accurata e interessante ricerca di Luigi Balsamini, un lavoro di largo respiro e valore intellettuale, che prende in esame la vita e l’attività della Biblioteca Franco Serantini di Pisa, ormai presenza consolidata e fondamentale nell’ambito della ricerca storica. Basti pensare alla decennale pubblicazione della prestigiosa Rivista Storica dell’Anarchismo, frutto del denso e ragionato lavoro dei suoi fondatori e curatori, in primis del suo animatore Franco Bertolucci. Parlando di archivi, naturalmente, non si può non imbattersi nella figura di Aurelio Chessa, vulcanico inventore di iniziative editoriali e cuoco di indimenticabili spaghetti alla bottarga, storico fondatore dell’Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa. Dopo varie peripezie e localizzazioni in mezza Italia, l’Archivio è ora stabilmente collocato presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, dove la figlia Fiamma, attuale curatrice, ha promosso due ottime iniziative. La prima sulla figura del padre, Aurelio Chessa il viandante dell’utopia (Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi – Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa, 2007), raccoglie oltre quaranta interventi, fra brevi saggi e affettuose testimonianze di chi lo ha conosciuto e frequentato. La seconda è la mostra sui materiali dell’Archivio, tenutasi a Reggio Emilia nel 2000, in occasione della quale è stato stampato un bellissimo catalogo curato dalla stessa Fiamma e da Giorgio Boccolari, Storie di anarchici e anarchia. L’Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa (Reggio Emilia, Comune di Reggio Emilia, 2000), dove si ritrova una parte importante della storia del movimento anarchico, in particolare quella interpretata da figure come Camillo Berneri e Giovanna Caleffi, Leda Rafanelli, Aurelio Chessa, Pier Carlo Masini, Virgilio Gozzoli e tanti altri. Restando alle produzioni Panizzi-Berneri, da segnalare un altro interessantissimo volume curato da Fiamma Chessa, Leda Rafanelli tra letteratura e anarchia (Reggio Emilia, Bibl. Panizzi e Arch. Famiglia Berneri – Aurelio Chessa, 2008), che vede raccolti gli atti del convegno reggiano dedicato all’anarchica mussulmana nel gennaio 2007. Leda Rafanelli è stata una protagonista della vita sociale e culturale del Novecento, sicuramente non conosciuta come avrebbe meritato. Ma questo convegno, ricco di interventi capaci di valorizzarne la figura, ci ha permesso di ri-conoscere e apprezzare nella sua sorprendete complessità tanto l’anarchica e l’intellettuale militante quanto la “perla preziosa” amata da tutti i mussulmani che la conobbero.

Manifesto per l’inaugurazione della
Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1979

Terminiamo questa rassegna storica ricordando l’impegno antifascista degli anarchici. Andrea Staid, nel suo Gli Arditi del popolo. La prima lotta armata contro il fascismo 1921-1922 (Ragusa, La Rivolta, 2007) ricostruisce parte della storia di questa organizzazione proletaria che, pur essendo nata per combattere in armi lo squadrismo fascista, trovò i più tenaci oppositori proprio nelle dirigenze dei partiti della sinistra italiana, in particolare in quella del Partito Comunista d’Italia. E questo studio, dedicato a tale argomento a lungo trascurato da una storiografia a senso unico, intende analizzare gli effetti che la miopia politica dei dirigenti proletari ebbe nel favorire la violenta affermazione del fascismo.

Michele Schirru

Di Giuseppe Galzerano, Michele Schirru. Vita, viaggi, arresto, carcere, processo e morte dell’anarchico italo-americano fucilato per l’“intenzione” di uccidere Mussolini (Casalvelino Scalo, Galzerano, 2007). Come è nello stile dell’autore, questa sua ultima fatica, poderosa e documentatissima, racconta tutto, ma proprio tutto, dello sfortunato tentativo di Michele Schirru di attentare a Mussolini. Arrestato ancora prima di poter solo tentare di mettere in opera il suo progetto, Schirru sarà fucilato dopo un processo farsa, fra il giubilo di una stampa completamente asservita al regime e gli inutili sforzi della comunità internazionale per sottrarre il giovane sardo al suo drammatico destino. Infine, prendendo spunto dalla famigerata e imbecille sparata di Berlusconi sul Confino come gratuita villeggiatura per gli oppositori del regime, Fabio Santin e Marco Sommariva hanno scritto e disegnato Ventotene storie di confinati (Genova, Annexia, 2007), un bel racconto-documento sulla difficile vita dei confinati, impossibilitati a svolgere la loro azione contro la dittatura, ma comunque determinati a preservare la propria irriducibile dignità.


Berneri, Fabbri, Gori e Malatesta

Dai personaggi che in un certo senso potremmo definire “minori” passiamo ora ad alcune delle figure più importanti del movimento anarchico, tanto italiano quanto internazionale. Cominciamo da Camillo Berneri, anche perché, dopo che le soffocanti censure di un tempo, non solo staliniste, non trovano più nessuno disposto a riproporle, la sua figura viene finalmente acquistando, nel panorama della politica e della cultura italiana, quel posto a cui avrebbe sempre avuto diritto. Il volume Mussolini grande attore. Scritti su razzismo, dittatura e psicologia delle masse, pubblicato nel 2007 dalle Edizioni Spartaco di S. Maria Capua Vetere e curato da Carlo Cavaglion, è un’antologia di scritti nei quali Berneri affronta, partendo da prospettive originali e ricche di sviluppi, temi complessi quali la indiscutibile “popolarità” di Mussolini (anticipando, quindi, successive analisi sulla psicologia delle masse) e il fenomeno dell’antisemitismo quale collante della identità della “nazione fascista”.

Camillo Berneri

Un’altra preziosa raccolta antologica è quella degli Scritti scelti pubblicati nel 2007 nel settantesimo anniversario della morte da Zero in Condotta con il contributo degli anarchici reggiani della Fai. Ancora una volta sorprendono la ricchezza del pensiero e la capacità di affrontare in piena libertà di analisi e giudizio i temi più scottanti e urgenti del suo tempo, mantenendo sempre, però, una piena adesione ai capisaldi del pensiero anarchico. Sempre nel 2007 sono stati pubblicati gli atti di una intensa giornata di studi organizzata dall’Archivio Berneri-Chessa (Camillo Berneri singolare/plurale. Atti della giornata di studi, Reggio Emilia, 28 maggio 2005, Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi e Archivio Berneri-Chessa) nel corso della quale è stato possibile affrontare tutti gli aspetti della vita e del pensiero dell’anarchico lodigiano. A dimostrazione dell’interesse che continua a riscuotere il suo pensiero eretico e anticonformista, sia in ambito libertario che in quello degli studi accademici, si aggiungono altri due titoli, entrambi di notevole valore: dell’intellettuale e militante sindacalista Stefano D’Errico, Anarchismo e politica nel problemismo e nella critica all’anarchismo del ventesimo secolo. Rilettura antologica e biografica di Camillo Berneri (Roma, Mimesis, 2007), una preziosissima e puntigliosa disanima degli scritti berneriani ripercorsi e analizzati in maniera pressoché esaustiva in tutte le loro sfaccettature, spesso spiazzanti e precorritrici di nuove riflessioni; del giovane ricercatore Massimo Granchi, Camillo Berneri e i totalitarismi (Reggio Calabria, Istituto “Ugo Arcuri”, 2006), uno studio particolarmente attento a quella critica serrata e impietosa nei confronti dei totalitarismi del Novecento, che sarà “causa” diretta del suo assassinio da parte dei sicari stalinisti nelle strade di Barcellona. Infine il Berneri descritto da Gianfranco Careri, già segretario nazionale dell’Usi, nel suo Camillo Berneri, l’anarcosindacalismo, la guerra di classe (Ancona, Unione Sindacale Italiana, 2008), attento in particolar modo al ruolo che ebbero gli stalinisti nelle vicende della rivoluzione spagnola.
Da Berneri a un altro grande pensatore anarchico del 1900, quel Luigi Fabbri che fu non solo il più diretto continuatore del pensiero e dell’insegnamento malatestiano, ma anche il felice “sistematizzatore” di un anarchismo riportato alle sue più genuine radici. A lui è stata dedicata, nel 2005, un’importante e feconda giornata di studi nella natia Fabriano e oggi possiamo disporre del bel volume che ne raccoglie gli atti, edito nel 2006 dalla Biblioteca Serantini – preziosa curatrice e organizzatrice anche dell’evento – e curato da Maurizio Antonioli e Roberto Giulianelli, Da Fabriano a Montevideo. Luigi Fabbri: vita e idee di un intellettuale anarchico e antifascista, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2006. Un’altra opera, che ci consente di approfondire il pensiero e l’importante ruolo che ebbe Fabbri all’interno del movimento anarchico italiano e internazionale, è Epistolario ai corrispondenti italiani ed esteri (1900-1935) (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2005), uscito in concomitanza del convegno fabrianese e ottimamente curato da Roberto Giulianelli. La raccolta delle oltre 350 lettere indirizzate a più di settanta corrispondenti, italiani e stranieri, fornisce il ritratto di un uomo dotato di grande umanità, curioso e aperto agli stimoli intellettuali e sempre disponibile a intrattenere rapporti di camaraderie anche con quei compagni con i quali era costretto a scontrarsi sul piano politico.

Luigi Fabbri

Per finire con Fabbri, il bel saggio di Santi Fedele, ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Messina, Luigi Fabbri. Un libertario contro il bolscevismo e il fascismo (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2006). Sulla traccia della relazione presentata al convegno di Fabriano, Fedele dimostra con ricchezza di argomenti come la lucidità analitica e la sostanziale libertà di pensiero di Fabbri gli abbiano consentito di prevedere, con largo anticipo rispetto ad altri illustri intellettuali, le future degenerazioni della rivoluzione russa e le drammatiche conseguenze che l’avvento del fascismo avrebbe causato alla nostra società. Accanto al padre, tanto nella militanza anarchica quanto negli affetti profondi, fu sempre la figlia Luce, l’acuta intellettuale e docente all’Università di Montevideo spentasi in tardissima età nell’esilio uruguayano. Gianpiero Landi, venendo a saldare un debito contratto dagli anarchici italiani che l’hanno conosciuta, ha curato una bella raccolta delle sue poesie, Propinqua libertas (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2005), mentre le edizioni Zero in Condotta hanno pubblicato l’edizione italiana della biografia scritta dalla docente brasiliana Margareth Rago, Tra la storia e la libertà. Luce Fabbri e l’anarchismo contemporaneo (Milano, 2008), un lavoro dal quale emerge la figura profondamente umana di una fine intellettuale e di una attiva militante, che non solo seppe rigenerarsi nel confronto con una realtà in continua evoluzione, ma diede anche un importante contributo, nel continente sud americano, alla conoscenza e allo studio della letteratura e della cultura italiana. Venendo ora ad Errico Malatesta, sulla cui figura continuano a uscire nuovi lavori, va segnalata, innanzitutto, la pubblicazione degli atti del convegno dedicatogli nel 2003: Errico Malatesta. A centocinquant’anni dalla nascita. Atti del Convegno Anarchico. Napoli, 5-6-7 dicembre 2003 (Ragusa, La Fiaccola, 2007). Si tratta della raccolta dei numerosi e interessanti interventi del convegno napoletano organizzato dai locali Gruppi della Fai e da individualità anarchiche, con la collaborazione della Fondazione Morra. Premiata dall’intervento di un pubblico particolarmente numeroso, quella giornata di studi registrò la partecipazione di alcuni fra i più attenti studiosi della vita e del lascito intellettuale e umano del rivoluzionario campano, come dimostra questa preziosa e convincente raccolta di saggi. Vanno poi segnalati due opuscoli che raccolgono gli interventi di un incontro estivo organizzato dai compagni modenesi della comunità “Libera”, dedicato al rivoluzionario campano. Il primo, di Davide Turcato, L’importanza delle opere di Errico Malatesta (Modena, Rivoluzio, 2006), riporta le annotazioni sulle opere di Malatesta, frutto di un accurato lavoro di consultazione di tutta la stampa anarchica internazionale, finalizzato alla auspicata pubblicazione dell’opera omnia, mentre il secondo, di Paolo Finzi e Massimo Ortalli, La storia e l’attualità di Errico Malatesta (Modena, Rivoluzio, 2006) raccoglie la conversazione tra i due autori sulla esperienza e l’attualità dell’insegnamento malatestiano. Di Malatesta, una ristampa gradita anche se priva, purtroppo, di qualsiasi apparato critico, di due famosissimi testi, L’anarchia e L’Autodifesa davanti alle Assise di Milano (Milano, Datanews, 2007). Come si sa, L’anarchia rappresenta sicuramente uno dei momenti più alti e interessanti della riflessione sociale e politica malatestiana, come del resto Il nostro programma e L’autodifesa pronunziata davanti alle Assise di Milano nel 1921, anch’essi riproposti in questo volume.

Errico Malatesta

Per terminare con il nostro Errico, da segnalare la seconda edizione aggiornata e ampliata di La nota persona. Errico Malatesta in Italia (dicembre 1919-luglio 1920), un testo di Paolo Finzi, edito dalla ragusana La Fiaccola nel 2008. Il volume tratta di uno dei periodi cruciali dell’attività militante di Malatesta, quello che vide, in un’Italia segnata dal macello della Grande guerra, l’attacco del proletariato alle strutture del potere. Attacco nel quale, come ben documenta Finzi, il ruolo di Malatesta e degli anarchici fu particolarmente significativo. Finiamo questa carrellata sui “grandi” dell’anarchismo italiano con Pietro Gori e il bel testo ricco di fotografie e testimonianze, curato da Patrizia Piscitello e Sergio Rossi, È tornato Pietro Gori. Frammenti della vita di un anarchico raccontati dalla gente dell’Elba (Portoferraio, Elbareport, 2008), felice dimostrazione dell’affetto e della stima che le popolazioni elbane ebbero per il “poeta dell’anarchia”.


I grandi pensatori

Ed ora, dall’Italia al mondo, dalle figure eminenti del nostro movimento ai pensatori che più hanno contribuito a sistematizzare il pensiero anarchico consegnandogli un rilievo universale. Quindi da chi cominciare, se non dal gigante russo Michail A. Bakunin? Di lui le Edizioni Biblioteca Franco Serantini di Pisa propongono, quest’anno, la riedizione, con l’introduzione all’edizione RL del 1970 di Giuseppe Rose, di Dio e lo Stato, indubbiamente uno dei più importanti classici dell’anarchismo. In quel testo, infatti, si mostra che “Dio e Stato sono due termini inscindibili, dai quali scaturiscono tutte le altre alienazioni, morali e intellettuali, nonché la schiavitù e lo sfruttamento degli uomini”.

Piötr Kropotkin

Da Bakunin a Kropotkin, l’altro grande pensatore russo che forse, più di ogni altro, ha contribuito a formare il pensiero anarchico. Sono due i libri dedicati alla sua figura, il primo ad opera di Heinz Hug, Kropotkin e il comunismo anarchico (Bolsena, Massari, 2005), nel quale l’autore analizza gli elementi fondanti del pensiero kropotkiniano, dalla teoria del mutuo appoggio (esemplare confutazione della darwiniana “lotta per l’esistenza”) a quella dell’etica solidale, dalla concezione antropologica a quella etica e sociale, per finire alla teoria anarcocomunista che influenzò fortemente l’anarchismo del primo Novecento. L’originale e utile capitoletto sulle “critiche anarchiche mosse a Kropotkin”, rende ancora più interessante questo lavoro. Fabio Palombo, insostituibile animatore delle edizioni Samizdat di Chieti, continua, meritandosi tutti i nostri encomi, a pubblicare o ripubblicare testi particolarmente importanti. Nel 2004, e ne siamo davvero lieti, ha proposto al lettore Il principe anarchico di George Woodcock e Ivan Avakumovic, un vero e proprio classico della storiografia anarchica, ancora inedito in Italia. È forse la biografia più completa di Piotr Kropotkin, nella quale sono tratteggiati sia il suo costante impegno militante sia la ricchezza della riflessione teorica, in grado di spaziare dalla ricerca scientifica alla analisi sociologica dei processi sociali e culturali. Anche Pierre-Joseph Proudhon continua a stimolare nuovi lavori di approfondimento, quali il contributo di Emanuele Treglia, Proprietà e anarchia in Proudhon (Lugano, La Baronata, 2007), nel quale l’autore, un giovane esperto in comunicazione politica, nell’affrontare il famosissimo Che cos’è la proprietà, ricostruisce il passaggio logico che portò il pensatore francese a gettare le basi del pensiero anarchico, con il rifiuto dello Stato e la proposta di ipotesi organizzative autogestionarie. E finalmente anche Elisée Reclus, il grande comunardo e geografo anarchico, diventa il soggetto di studi particolarmente importanti e scientificamente ineccepibili. Partiamo dalla riedizione (finalmente! L’ultima è del 1937) di un vero e proprio capolavoro, quella Storia di un ruscello (Milano, Eleuthera, 2005), che è uno dei suoi lavori più belli e affascinanti; “un dialogo personale” come afferma Marcella Schmidt di Friedberg nella sua introduzione, “tra l’autore e la natura che stimola la nostra capacità di osservazione, di evocazione, di contemplazione di un paesaggio”. Basti, per capire cosa si intenda, questo straordinario e fulminante incipit: “La storia di un ruscello, anche di quello che nasce e si perde nel muschio, è la storia dell’infinito”. Marcella Schmidt di Friedberg è anche curatrice della raccolta degli atti di un importante convegno tenutosi, a riprova del rinnovato interesse per Reclus, nel 2005 all’Università di Milano, Elisée Reclus. Natura e educazione (Milano, Bruno Mondadori, 2007). In molte delle sedici relazioni si pone l’accento sulla innovativa capacità dimostrata da Reclus di coniugare l’attività più propriamente geografica con le interazioni sulla natura degli esseri umani, “come agenti nelle dinamiche ambientali… e come soggetti responsabili e coscienti nei confronti della natura e dell’educazione geografica”.

Elisée Reclus

Sempre su Reclus, per la riscoperta di questo grande scienziato sociale, è uscito un altro importante saggio, quello di Federico Ferretti, Il mondo senza mappa. Elisée Reclus e i geografi anarchici, pubblicato nel 2007 dalla milanese Zero in Condotta. Vi si parla soprattutto del ruolo innovativo che Reclus ha avuto nella elaborazione dei criteri scientifici della geografia moderna e nella creazione di una vera e propria scuola di geografi anarchici tra cui annoverare Metchnikoff, Perron e Kropotkin stesso. Per finire con i grandi pensatori ottocenteschi, i padri spirituali dell’anarchismo, veniamo a Max Stirner, figura quanto mai controversa nella sua irriducibile alterità. Gaetano Pizzonia, professore di filosofia calabrese, nel suo Il profeta dell’anarchismo. Max Stirner: dalla Recensione all’Unico (Reggio Calabria, Città del Sole, 2007) studia il pensiero del filosofo tedesco non solo nella sua opera maggiore, L’Unico, ma anche negli scritti minori e meno conosciuti. Mario Frisetti è una mente lucida e sempre spiazzante, difficilmente incasellabile in qualsiasi definizione, e lo dimostra nel suo Tutto per niente. Max Stirner nella casa senza fondamenta dell’anarchia (Torino, Autoproduzioni Fenix, 2006). Partendo da Stirner, affronta, in un modo provocatoriamente originale e attuale, l’irrisolvibile dialettica fra anarchismo individualista e anarchismo organizzatore, fornendo al contempo stimoli per riflessioni imprevedibili e non convenzionali.

In giro per il mondo

Iniziamo questo giro per il mondo con Le cinque ondate. Una storia sintetica del comunismo anarchico rivoluzionario nel mondo di Michael Schmidt, pubblicato a Fano nel 2003, dalla Federazione dei Comunisti Anarchici. Come dichiara il titolo, è un sintetico volo di uccello sul panorama dell’anarchismo internazionale, visto nei suoi aspetti teorici e pratici. Senza dubbio un utile strumento per chi voglia farsi un’idea succinta della ricchezza della storia dell’anarchismo internazionale. Non c’è stato giovane alternativo, e sovversivo, che nei decenni scorsi non abbia vissuto Amsterdam come una città davvero speciale. E il perché lo spiega Matteo Guarnaccia nel suo Gioco magia anarchia: Amsterdam negli anni sessanta (Milano, Cox 18 Books, 2005), un affascinante “viaggio” nella controcultura degli anni Sessanta. Per chi ha vissuto quegli anni, nei quali si cominciò a intuire che non esistevano regole che non potessero essere infrante, diventa un bagno di tenerezza rabbiosa quello che ci immerge in queste pagine, nelle quali il ricordo di quella stagione irripetibile diventa anche stimolo per riprendere a pensare che il mondo può davvero essere diverso. Di commistione fra avanguardie culturali e sovversione anarchica parlano anche Alessandro Fambrini e Nino Muzzi, curatori di una interessante e originale antologia di autori quali Erich Mühsam, Frank Wedekind, il dadaista Richard Huelsenbeck, Peter Hille e altri ancora, A mezzanotte dormono i borghesi. Anarchia e cabaret nella Germania del primo Novecento (Università degli Studi di Trento, 2007), esponenti di spicco delle avanguardie intellettuali tedesche di inizio Novecento, particolarmente importanti nel quadro culturale europeo e fortemente impregnati di un vivace e anticonformista spirito libertario e sovversivo, ma destinati ad essere annientati dall’incipiente nazismo.

Erich Müsham (autoritratto del 1912)

Mühsam torna nel libro che gli dedica Leonard Schafer, Il poeta anarchico. Vita e poesie dell’anarchico Erich Muhsam (Milano, Zero in Condotta, 2007). Di questo poeta tedesco, attivo nei primi decenni del secolo passato, si sa abbastanza poco, nonostante una ricca produzione letteraria e politica, la frequentazione degli ambienti della migliore intelligenza berlinese e l’appassionato lavoro sociale fra il proletariato tedesco. Questa bella biografia permette finalmente di cogliere, “dall’interno”, il profilo della sua bellissima e tragica figura rivoluzionaria. Restando alla Germania, le edizioni milanesi Zero in Condotta hanno pubblicato quest’anno un lavoro di Nico Jassies, facendo così uscire dall’oblio una figura quasi dimenticata, quel Marinus van der Lubbe che fu autore dell’attentato incendiario al Reichstag di Berlino del febbraio 1933, Berlino brucia. Marinus van der Lubbe e l’incendio del Reichstag. Lo studio, arricchito dalla prefazione di Antonio Senta, riporta la figura di van der Lubbe nella sua giusta dimensione, sicuramente non quella di una pedina manovrata dal potere ma, più semplicemente, di un proletario che avrebbe voluto, col proprio gesto, incitare alla ribellione il popolo tedesco. Rudolf Rocker è stato uno dei più lucidi intellettuali del movimento anarchico del secolo scorso. Alcune sue opere, quali ad esempio Nazionalismo e Cultura, hanno formato non pochi anarchici, fornendo preziosi e imprevedibili strumenti di analisi e di comprensione. In questo suo Sindrome da filo spinato. Rapporto di un tedesco internato a Londra (1914-1918) (S. Maria Capua Vetere, Edizioni Spartaco, 2006) l’autore racconta la sua paradossale esperienza di antimilitarista “sfortunato”: sfuggito al carcere in patria per il suo impegno antimilitarista e riparato nella libera Inghilterra, viene internato a causa della nazionalità tedesca. Spesso l’amarezza di questa esperienza lascia il posto a una divertente ironia, a dimostrazione dell’impossibilità di ingabbiare uno spirito libertario. Per terminare con la Germania, arriviamo al lavoro di Guido Barroero, Ret Marut-B. Traven. Dalla rivoluzione tedesca al Messico in fiamme (Genova, Annexia, 2006) nel quale l’autore, legato da una certa affinità intellettuale con questo misterioso scrittore di fama e successo – suo il famosissimo Tesoro della Sierra Madre da cui fu tratto l’altrettanto famoso film con Humphrey Bogart – ne traccia la biografia ricca di tratti indecifrabili e inconoscibili, sospesa fra la Germania non ancora devastata dal nazismo e il Messico rivoluzionario. E, visto che abbiamo attraversato l’Atlantico per finire in Messico, ecco, di Pier Francesco Zarcone, La libertà e la terra. Gli anarchici nella Rivoluzione messicana (Bolsena, Massari Editore, 2006). Come si sa, gli anarchici, hanno avuto un ruolo molto importante, anche se spesso ignorato, nello sviluppo degli avvenimenti rivoluzionari in Messico. Particolarmente opportuno, quindi, questo studio, costruito su una ricerca approfondita di fonti e documenti, che ricostruisce la misconosciuta presenza degli anarchici a fianco dei vari Villa e Zapata. Risaltano le figure dei fratelli Flores Magon e del Partido Liberal Mexicano, una forza politica che, a dispetto del nome, fu uno dei capisaldi dell’azione anarchica nella rivoluzione.
È sicuramente una piacevole sorpresa questo romanzo-saggio, Haymarket, Chicago (S. Maria Capua Vetere, Edizioni Spartaco, 2005), nel quale l’autore, Martin Duberman, grazie alle proprie conoscenze di docente di storia e a un’indubbia capacità narrativa, ricostruisce le drammatiche vicende che videro la nascita del 1° Maggio come data internazionale del riscatto del lavoro. Viene narrata la storia d’amore, e di comune militanza, di Lucy e Albert Parsons, intrecciata a quella degli anarchici e militanti sindacali protagonisti delle dure lotte che videro, nell’Ottocento, lo scontro sanguinoso fra il capitalismo e una classe operaia finalmente consapevole della propria forza. Il tragico epilogo con l’impiccagione dei cinque anarchici “martiri di Chicago” non segna la fine della lotta ma, al contrario, la ripresa di una inarrestabile offensiva proletaria. A complemento del libro di Duberman, e a conferma del prezioso ruolo della Casa Editrice Spartaco, il lavoro di Claudia Baldoli, Il nostro maggio. All’origine della festa dei lavoratori: autobiografie e testimonianze da Chicago (S. Maria Capua Vetere, 2005), nel quale sono riproposte, per la prima volta in modo quasi completo e soprattutto ragionato, le fasi processuali e le dichiarazioni degli anarchici imputati della strage di Haymarket, dando così il quadro complessivo, e a tratti agghiacciante, di quella vicenda. È davvero encomiabile l’attività della casa editrice Spartaco, non solo per la felice scelta dei titoli, ma anche per la sua capacità di riempire di solidi contenuti la propria linea editoriale.

I Martiri di Chicago
in un disegno dell'epoca

Sulla scia dei primi studi di Adamic, Musto e Portelli, le edizioni Odradek propongono oggi un nuovo, interessante testo di Filippo Manganaro sulla sovversione operaia nei “liberali” Stati Uniti d’America, Senza patto né legge. Antagonismo operaio negli Stati Uniti (Roma 2004). Non finisce di sorprendere la radicalità dello scontro sociale fra classe operaia e capitalismo americano, soprattutto a cavallo fra Otto e Novecento: scontri armati, spedizioni punitive, linciaggi, massacri di massa, deportazioni e repressione selvaggia segnarono la risposta del padronato a una classe operaia non più disposta a subirne le angherie ma determinata a rispondere colpo su colpo. E i protagonisti di quelle lotte sono anche i protagonisti di questo libro curato da Bruno Cartosio, Wobbly! L’Industrial Workers of the World e il suo tempo (Milano, Shake Edizioni, 2007). Si tratta di una serie di saggi, alcuni non troppo recenti, sul grande movimento sovversivo che scosse la tranquillità capitalista degli Stati Uniti nei primi decenni del Novecento. L’Industrial Workers of the World fu il sindacato antagonista per eccellenza, formato soprattutto da immigrati e lavoratori non specializzati, che condusse lotte memorabili e durissime – famosa quella per la libertà di parola – accompagnate da una produzione letteraria e musicale di grandissimo interesse. Un testo curioso che ci porta su territori inconsueti questo di Benedict Anderson, Sotto tre bandiere. Anarchia e immaginario anticoloniale (Roma, manifestolibri, 2008). Nel ricostruire le vicende dei movimenti che videro le Filippine e Cuba opporsi alla dominazione spagnola sul finire dell’Ottocento, l’autore descrive la sorprendente contiguità di alcuni dei più importanti leader anticolonialisti con il pensiero anarchico, profondamente ed efficacemente assimilato nella Francia e nella Spagna dell’esilio. In Italia non era mai stata pubblicata una ricerca approfondita ed esaustiva sul brano musicale di lotta più famoso fra il proletariato di tutti i continenti. Ci ha pensato Cesare Bermani, uno dei più esperti musicologi del nostro paese, che nel suo Non più servi, non più signori. L’Internazionale raccontato da Cesare Bermani (Roma, Ellu Multimedia, 2005) ricostruisce la vita e le vicende dell’autore delle parole, Eugène Edme Pottier, e di quello della musica, Pierre Degeyter, descrivendo al tempo stesso l’enorme fortuna che tale inno ebbe in Francia, in Italia e in tutto il mondo. Per terminare questo capitolo, l’ultimo lavoro di Fabrizio Montanari, Libertarie. Quattordici figure esemplari di donne anarchiche (Reggio Emilia, Compograf, 2007). Si tratta di quattordici ritratti di altrettante straordinarie figure di donne, italiane e non, più o meno conosciute anche all’interno del movimento. Il giusto riconoscimento che l’altra metà del cielo non è stata affatto una componente minoritaria, e non solo dal punto di vista numerico, del nostro movimento, ma anzi, ha contribuito ad arricchirne i contenuti sociali e, soprattutto, gli aspetti umani.


Russia

Sono ormai vent’anni che non sentiamo più parlare dell’Unione Sovietica, e sinceramente non ce ne rammarichiamo. Resta comunque intenso il dibattito, con relativa produzione saggistica, sulla grandiosa esperienza della rivoluzione russa, che con le sue luci e le sue ombre ha comunque rappresentato il tentativo, purtroppo pesantemente mutilato dall’autoritarismo bolscevico, di realizzare una società di liberi ed uguali. Cominciamo con L’altrocomunismo nella Rivoluzione russa. Opposizioni rivoluzionarie nella Russia Sovietica 1917-1921 (Milano, Quaderni di Pagine Marxiste, 2007) di Guido Caccia. Per chi è abituato a pensare a una classe rivoluzionaria russa completamente appiattita sul leninismo prima e sullo stalinismo poi, è davvero utile la lettura di questo libro che affronta la dissidenza libertaria e marxista che ebbe modo di esprimersi fino alla definitiva repressione nel 1921. Particolarmente interessante, anche se a volte un po’ criticabile, il capitolo dedicato ai comunisti libertari e agli anarchici. A distanza di quasi vent’anni dalla Rivoluzione in Ucraina di Makhno, edita dalla Fiaccola, la casa editrice M&B presenta un nuovo testo del grande rivoluzionario ucraino, il leggendario Batko (babbo) Nestor Makhno, La rivoluzione anarchica e altri scritti (Milano 2005). Makhno, nonostante sia famoso soprattutto come uomo d’azione, grazie alle eroiche e a volte incredibili imprese compiute durante la rivoluzione russa alla testa di decine di migliaia di combattenti anarchici, partecipò anche alla vita intellettuale e organizzativa del movimento anarchico russo. E queste sue riflessioni sulla situazione politica e sociale della nascente Unione Sovietica offrono un’immagine differente, anche se non sorprendente, da quella a cui siamo abituati. È anche partendo da quelle riflessioni che viene formulata La Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici, edito nel 2007 dalla Giovane Talpa di Milano per conto della Federazione dei Comunisti Anarchici. La Piattaforma arcinovista fu il tentativo di un gruppo di anarchici, reduci dall’esperienza rivoluzionaria russa, di dotare il movimento di strumenti organizzativi ritenuti maggiormente efficaci nel processo di penetrazione dell’anarchismo nel corpo sociale. La sua diffusione fu causa di un lacerante dibattito all’interno del movimento anarchico internazionale, tra chi vi vedeva il pericolo di una involuzione autoritaria e chi, al contrario, pensava di incrementare, con una organizzazione più strutturata, l’efficacia della propaganda e dell’azione.

Il Comitato esecutivo del Soviet di Kronstadt, estate 1917

Parlando di Russia rivoluzionaria non si può non trattare uno degli avvenimenti più drammatici che contribuì ad incrinare, fin dai primi anni, il rapporto fra potere bolscevico e popolo russo. Naturalmente stiamo parlando di Kronstadt, della ribellione dell’élite rivoluzionaria, i mitici marinai della flotta del Baltico, all’autoritarismo dittatoriale di Lenin e compagni. Son ben quattro i testi sull’argomento, a dimostrazione di come quella tragedia “in seno al popolo” non abbia ancora perso la sua drammatica attualità. Di Jean-Jacques Marie, Kronštadt 1921. Il Soviet dei marinai contro il governo sovietico (Torino, Utet, 2007). Avendo potuto scavare in archivi a lungo inaccessibili ma ora consultabili, l’autore, specialista francese di storia della Russia sovietica, ricostruisce nei dettagli, in gran parte poco conosciuti ma sorprendentemente coincidenti con le interpretazioni date a suo tempo dalla sinistra rivoluzionaria antibolscevica, il soffocamento nel sangue del tentativo dei marinai e dei cittadini della base navale di ricostruire un processo di democrazia rivoluzionaria e orizzontale in grado di contrastare il progressivo accentramento del potere nelle mani del partito bolscevico. Federico Gattolin ha curato Kronstadt. Una rivoluzione che fece tremare il Cremlino (marzo 1921) (Roma, Prospettiva Edizioni, 2005), riproponendo l’interrogativo se rivoluzione e libertà debbano essere parole in contraddizione. Dalle pagine delle Izvestija di Kronstadt arrivano, dirette e convincenti, molte risposte. Sempre per la romana Prospettive Edizioni, è uscito nel 2006 Kronstadt 1921. I giorni della Comune di Lorenzo Gori. In questo succinto e interessante lavoro si guarda alla drammatica ed esemplare vicenda di Kronstadt da una prospettiva particolare, quella che prende le mosse da una sostanziale adesione, in contrapposizione allo stalinismo, al primo bolscevismo, di cui si riconoscono gli errori e le mancanze ma del quale si intendono comunque salvare la vitalità e la ricchezza rivoluzionaria. Parte poi da un angolo prospettico decisamente anomalo il volume di Gianni Emilio Simonetti, La suonatrice di theremin. L’insurrezione di Kronstadt nei ricordi di Anastasija S. musicista e cuoca, Roma, Derive Approdi, 2007, simile per certi aspetti a un altro libro della stessa editrice, quel La cuoca di Durruti nel quale si narrava la rivoluzione spagnola anche attraverso i pasti dei miliziani. Qui si parla dello strano strumento musicale che accompagna i ricordi tristi di un sogno infranto, quello di una rivoluzione che si è rivelata un incubo.


Spagna

In coincidenza con il settantesimo anniversario del sollevamento franchista e della risposta del proletariato spagnolo, le drammatiche e gloriose vicende della rivoluzione spagnola continuano a stimolare nuovi studi sia di carattere generale sia indirizzati ad alcuni dei tanti aspetti distintivi di quella complessa esperienza. Segnalo tre testi usciti recentemente, che trattano questo argomento non sempre in modo convincente. Innanzitutto, di Gabriele Ranzato, L’eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini. 1931-1939 (Torino, Bollati Boringhieri, 2004) molto interessante per l’efficace e non scontata descrizione della situazione politica spagnola negli anni immediatamente precedenti il sollevamento di Franco e dei suoi generali. Anthony Beevor, oggi romanziere e saggista, è anche un ex ufficiale dell’esercito britannico, e questo si nota abbondantemente nel suo La guerra civile spagnola (Milano, Rizzoli, 2006) tanto per l’attenzione che dedica agli aspetti più propriamente militari dello scontro fra i due eserciti regolari quanto per una pretesa e, a mio parere, velleitaria imparzialità nel descrivere e giudicare le ragioni delle due parti. Non credo, infatti, che si possa davvero essere super partes quando si parla di quegli avvenimenti. Infine il testo di Bartolomé Bennassar, La guerra di Spagna. Una tragedia nazionale (Torino, Einaudi, 2006), un lavoro completo ed esaustivo anche se a tratti controverso e contradditorio nella sua apparente asetticità. A volte, infatti, sembra che venga descritta una pacifica contesa elettorale e non una delle più drammatiche guerre civili della storia, ma comunque viene dato un certo spazio all’analisi delle collettivizzazioni anarchiche e della presenza libertaria, cosa che spesso manca nelle opere generali degli storici accademici. Anche se prive, a parte alcune note frettolose, di qualsiasi apparato critico, sono comunque di grande interesse le sorprendenti e sconsolate considerazioni di George Orwell (Ricordi della Guerra di Spagna, Roma, Datanews, 2005) scritte nel pieno della seconda guerra mondiale a pochi anni dalla sconfitta della Rivoluzione spagnola. Come sempre Orwell, lo straordinario cantore delle giornate barcellonesi in Omaggio alla Catalogna, riesce a cogliere con intelligenza e disincanto alcuni dei tratti salienti di quella esperienza, denunciando con lucidità i crimini dello stalinismo, l’inettitudine e l’ignavia delle grandi potenze “democratiche”, il ruolo spregiudicato e delinquenziale dei fascismi europei. Dove inizia l’Omaggio, con il miliziano italiano eretto a simbolo dei combattenti per la rivoluzione, così terminano questi ricordi, con la struggente poesia (purtroppo non tradotta) dedicata a quel miliziano italiano e a tutti i compagni accorsi a combattere in Spagna.

Buenaventura Durruti alla difesa
di Madrid, autunno 1936

Dalla Spagna arretrata e in mano al clero, emergono, come felice contrappunto, le figure delle numerosissime donne che costruirono la loro emancipazione facendosi protagoniste degli avvenimenti. Quattro sono i libri dedicati a queste figure doppiamente eroiche, come militanti della rivoluzione e come portatrici di un processo di liberazione della mujer dall’asservimento secolare al maschio e al prete. Ana Delso nel 1936 ha solo quindici anni, ma questo non le impedisce di assumere con coraggio il suo ruolo nella lotta. Nel suo Trecento uomini e io. Spagna 1936 autobiografia di una rivoluzionaria Milano, Zero in Condotta, 2006, questa coerente e appassionata militante dell’ideale libertario narra anche il drammatico destino della sconfitta e dell’esilio. Un libro appassionante, “un contributo alla memoria collettiva del popolo spagnolo, una testimonianza di volontà, di amore per la vita, di libertà, di coraggio e soprattutto di speranza tenace in un mondo migliore”. Pier Francesco Zarcone, con il suo Mujeres Libres: Comunismo anarchico al femminile nella Spagna rivoluzionaria (Fano, Federazione dei Comunisti Anarchici, 2003) affronta soprattutto il ruolo delle organizzazioni femminili nella costruzione del comunismo libertario. Un ruolo affatto secondario, che contribuì a rendere più efficace la massiccia presenza femminile nella lotta, nonostante la sostanziale arretratezza di gran parte della società spagnola. A Gerda Taro è dedicato il libro di François Maspero, L’ombra di una fotografa. Gerda Taro e la sua guerra di Spagna (Milano, Archinto, 2007). Corredato da un ricco apparato fotografico, questo lavoro del famoso editore francese ricostruisce la misteriosa e tragica vicenda umana di Gerda che, assieme al suo compagno, il famoso fotografo di guerra Robert Capa, percorse i territori della guerra spagnola, fino alla morte prematura – aveva solo 27 anni – avvenuta, come recita la stele sulla sua tomba “nell’esercizio della sua professione”. A conclusione, ma non gloriosa, degli studi sulla storia delle donne, segnalo di Paul Preston, prolifico autore di altri testi sull’argomento, Colombe di guerra. Storie di donne nella guerra civile spagnola (Milano, Mondadori, 2006), con la biografia di quattro donne, due di parte repubblicana e due di parte franchista. Sono sicuro che non sia casuale l’assenza, fra queste biografie, di quella di una donna anarchica. Proseguendo nella ricognizione dei testi sulla “Spagna ’36”, incontriamo l’avvincente autobiografia di Antoine Gimenez, Amori e Rivoluzione. Ricordi di un miliziano in Spagna (1936-1939) (Lugano, La Baronata, 2007). Queste testimonianze risultano particolarmente utili perché consentono di accostare alla ricostruzione storica, a volte asettica, l’emozione di una straordinaria esperienza vissuta. Antoine Gimenez, nonostante il nome non sia spagnolo, ma un italianissimo Bruno Salvadori da Pisa. Emarginato e irregolare, personaggio borderline ante litteram, trova una sua identità in Spagna nelle fila della Colonna Durruti, all’interno della quale, per due anni, apporterà il proprio contributo di combattente.

Manifesto della Rivoluzione spagnola,
Cnt - Ait - Fai, 1937

Abel Paz è uno degli storici più acuti ed attendibili dell’epopea libertaria spagnola e lo dimostra ancora una volta con questa sua Cronaca appassionata della Columna de Hierro (Torino, Autoproduzioni Fenix, 2006). Fra le tante colonne di miliziani animate dagli anarchici spagnoli, la Columna de Hierro, operativa nel Levante, è senz’altro una delle più conosciute. E non solo per il coraggio con il quale si batté contro le armate nazionaliste, ma anche per la rigida ortodossia ideologica che ne ispirò l’azione. Cosa che comunque non impedì, a questo manipolo di proletari, costretti dalla forza degli avvenimenti ad accettare come male minore la “militarizzazione” e l’inquadramento nell’esercito regolare. Ancora Pier Francesco Zarcone, quanto mai prolifico, con questo Comunisti anarchici e Amigos de Durruti nella rivoluzione spagnola (Pescara, Samizdat, 2005) dove si parla della guerra nella guerra combattuta tra il dispotico autoritarismo staliniano e le aspirazioni libertarie della maggioranza del popolo spagnolo. Tra i protagonisti di questo conflitto, il gruppo degli Amigos de Durruti, un nucleo di irriducibili, che già si era distinto nella critica ai “cedimenti” governativi dei vertici della Cnt. Mi permetto un appunto sullo spirito polemico dell’autore mostrato nell’accostamento, a mio parere un po’ troppo forzato, con la realtà odierna del movimento anarchico. Dalla lotta in armi veniamo ora alle realizzazioni sociali della rivoluzione. Di Encarnita e Renato Simoni, Cretas. Autogestione nella Spagna repubblicana (1936-1938) (Lugano, La Baronata, 2005), un tassello quanto mai importante nella ricostruzione degli episodi autogestionari realizzati nelle campagne aragonesi e catalane. La descrizione della vita quotidiana di una comunità nella quale il processo di collettivizzazione è pressoché giunto a compimento ci fa comprendere l’importanza di quelle esperienze tanto più significative qualora si pensi che riuscirono a concretizzarsi nel fuoco della guerra contro i franchisti. In sintonia con quello precedente, questo testo curato da Jorge Herrero, Spagna ’36 collettività nella rivoluzione. Documenti inediti (Roma, Prospettiva edizioni, 2007) riporta una bella e suggestiva raccolta di voci dirette, “dal di dentro” della rivoluzione, voci che narrano, spesso con la semplicità della testimonianza, di chi ha vissuto in prima persona quell’intensa attività rivoluzionaria, fatti e vicende di cui abbiamo letto in numerosi studi storici e che qui vengono “spiegati” con la precisione del protagonista. Ancora Pier Francesco Zarcone si misura con questo argomento in Spagna libertaria. Storia di collettivizzazioni e di una rivoluzione sociale interrotta (1936-1938) (Bolsena, Massari Editore, 2007). Partendo da un’angolazione fortemente critica nei confronti delle scelte operate dalla Cnt e dalla Fai nel fuoco della guerra rivoluzionaria, l’autore si propone di affrontare i molteplici aspetti di un processo rivoluzionario durante il quale si confrontarono, non sempre dialetticamente, tutte le ipotesi operative per il trionfo delle realizzazioni rivoluzionarie. Si sa che il contributo degli anarchici italiani alla lotta del popolo spagnolo non fu solo il primo a concretizzarsi ma fu anche, forse, quello più importante. Si aggiungono ora, ai tanti testi già pubblicati, due nuovi contributi dedicati entrambi agli anarchici e agli antifascisti piacentini. Franco Sprega e Ivano Tagliaferri parlano de Los italianos. Antifascisti e guerra civile spagnola (Due Santi di Marino, Infinito edizioni, 2007), gli anarchici, i comunisti, i socialisti, i miliziani “rossi” che accorsero in Spagna per combattere il fascismo internazionale e alcuni anche per partecipare a quella rivoluzione libertaria che stava trasformando il paese. Sempre Ivano Tagliaferri ricostruisce la biografia di uno dei più importanti e significativi combattenti sia della guerra di Spagna sia della Resistenza italiana al fascismo. Si tratta de Il colonnello anarchico. Emilio Canzi e la guerra civile spagnola (Piacenza, Scritture, 2005), abilissimo comandante militare, oltre che impeccabile militante della rivoluzione sociale, morto in uno “strano” incidente stradale all’indomani della Liberazione. Di Canzi si parla anche in una raccolta di racconti brevi pubblicata da Liberazione, Milano, 2007 e curata da Paola Staccioli. In La rossa primavera, infatti, si trova Prenderemo un caffé a Huesca di Francesco Barilli, che ricostruisce alcuni episodi dell’avventura spagnola di Canzi e i suoi ultimi giorni in quell’ospedale di Piacenza nel quale fu ricoverato dopo il misterioso incidente stradale che lo porterà alla morte. Anche se l’importanza dell’anarchismo in Portogallo fu minore di quella nella confinante Spagna, il movimento libertario portoghese rappresentò comunque parte determinante del forte e combattivo fronte proletario iberico. Come illustra, con ricchezza di documenti e argomentazioni, lo studio di Pier Francesco Zarcone, Portogallo anarchico e ribelle (storia del movimento libertario portoghese) (Pescara, Samizdat, 2004) che va a completare un precedente lavoro dello stesso autore uscito nel 2003.


Strage di Stato e altre pagine nere

Sono passati quasi quarant’anni, ormai, dal giorno della bomba di Piazza Fontana, eppure l’interesse per quella tragica giornata non diminuisce. E lo si può ben capire: la morte di Pinelli ancora brucia; le disavventure del “mostro” Valpreda sembrano non aver insegnato nulla a un paese sempre meno garantista; la cosiddetta verità giudiziaria, nonostante lo sforzo di pochi magistrati onesti e un lavoro di controinformazione ininterrotto, è sempre più lontana. E viste le pesantissime implicazioni dello Stato di allora e della parte politica oggi al potere, non abbiamo certo da meravigliarcene. Ovviamente non possiamo cominciare la rassegna che dalla nuova edizione di La Strage di Stato. Controinchiesta, opportunamente ripubblicata nel 2006 dalla casa editrice romana Odradek. Fra gli autori di questa che ormai è un’icona della letteratura sociale del Novecento, Eduardo Di Giovanni, Marco Ligini, Edgardo Pellegrini. Fa male constatare come, nonostante l’evidenza, non si sia mai voluto arrivare a una conclusione ma, del resto, non si può certo pretendere che lo Stato arrivi a condannare se stesso. Lo dimostra l’interessante postfazione di Guido Salvini, forse l’unico magistrato che ha veramente cercato, anche se inutilmente, di andare fino in fondo a questa torbida trama statale. Un’altra ristampa è Il Segreto della Repubblica. La verità politica sulla strage di Piazza Fontana (Milano, Selene Edizioni, 2005) di Fulvio e Gianfranco Bellini. Il lavoro originale fu pubblicato nel 1978 con lo pseudonimo di Walter Rubini. In questo volume si “raccontano tutti i perché dell’intesa drammatica siglata da Moro e Saragat per impedire che si arrivasse ai responsabili della strage di Piazza Fontana, le motivazioni reali della strage, gli obiettivi e le complicità su cui poterono contare i gruppi che agirono in quel freddo venerdì del 12 dicembre 1969”. Anche il giallista Carlo Lucarelli, con il suo Piazza Fontana (Torino, Einaudi, 2007 con dvd) si è cimentato sull’argomento, ottenendo una felice combinazione fra scrittura e comunicazione visiva. Si tratta di una raccolta di note informative e di testimonianze e, anche se non c’è niente di nuovo rispetto a quanto già è stato detto e scritto, il bel dvd permette di rileggere le vicende di Piazza Fontana anche con la forza delle immagini. Molto utile pure il lavoro del redattore de «Il Giorno» Mario Consani, Foto di gruppo da Piazza Fontana (Milano, Melampo, 2005), che pone opportunamente l’accento, più che sui fatti, sulle persone. Sono tanti i protagonisti, volontari e involontari, che animano questo ritratto collettivo, una lunga lista dei nomi di tutti gli “attori”, nessuno escluso, e il quadro sinottico delle 10, ormai inutili, sentenze succedutesi fra il 1979 e il 2005. Più che felice, poi, la riedizione del volume di Luciano Lanza, Bombe e segreti (Milano, Eleuthera, 2005), successiva a quella del 1997. E particolarmente chiarificatrice, dopo l’assurdo balletto di sentenze e assoluzioni che, in questi ultimissimi tempi, dovrebbero aver chiuso il percorso giudiziario della Strage di Stato. Come ho più volte avuto occasione di dire, questo testo andrebbe raccomandato nelle scuole come “manuale” di educazione civica, e a maggior ragione oggi, grazie anche all’intervista inedita al giudice Salvini, nella quale il magistrato oppone la logica della ragione a quella grettamente giuridica che ha trionfato nelle aule dei tribunali.

Giuseppe Pinelli

Parlando di Piazza Fontana non possiamo dimenticarci del compagno Pinelli. La diciassettesima vittima come è stato giustamente definito in questo libro a lui dedicato, pubblicato dalla pisana Biblioteca Franco Serantini nel 2006. Ne tratteggiano la figura, fra gli altri, Amedeo Bertolo, allora compagno di lotta di Pinelli, la giornalista Camilla Cederna, che tanto spese del proprio prestigio e della propria bravura per affermare la verità, Pier Carlo Masini attento a inquadrare storicamente quella vicenda, e Corrado Stajano, un altro giornalista particolarmente determinato a scoperchiare le porcherie del potere. In tempi di revisionismo imperante, la lettura della storia quale deve essere: testimonianza e indagine, rispetto dei fatti e coraggio intellettuale. Lo Stato ha pensato bene di commemorare il commissario-finestra Calabresi con una emissione filatelica. Gianluigi Bellei, ha pensato meglio di ricordare il nostro compagno con Un francobollo per Giuseppe Pinelli (Lugano, La Baronata, 2007), una provocatoria e artistica emissione, curata dagli anarchici ticinesi della Baronata e corredata da un libretto che raccoglie le riflessioni dell’autore. Di Pinelli, di Franco Serantini, dei cinque anarchici calabresi uccisi in un incredibile incidente stradale mentre portavano agli avvocati romani nuova documentazione sulla strage di Stato, si parla in Cuori Rossi di Cristiano Armati, un libro-inchiesta pubblicato dalla romana Newton Compton nel 2008. È il lungo, lunghissimo elenco dei militanti della sinistra uccisi dal potere, nelle piazze e nelle strade, in questo dopoguerra. Le loro tragiche vicende sono ricostruite non solo con la passione che meritano, ma anche con una ricchezza documentaria davvero meritoria. Mimmo Franzinelli ha il pregio di raccogliere, in tutti i suoi lavori, una mole impressionante di documentazione. È il caso anche di questo La sottile linea nera. Neofascismo e servizi segreti da Piazza Fontana a Piazza della Loggia (Milano, Rizzoli, 2008), uno studio completo e ricco di dati, notizie e fatti sulla lunga stagione del terrorismo nero, e quindi anche sulle vicende nelle quali furono pesantemente coinvolti gli anarchici. Si accendono così nuove luci sui riusciti tentativi di infiltrazione neofascista e poliziesca nelle strutture della sinistra rivoluzionaria operanti sul finire degli anni Sessanta e le riflessioni che ne derivano conservano a tutt’oggi una preziosa validità.
Su un altro versante, ma contiguo al precedente, il libro di Aldo Giannuli, esperto di Servizi e collaboratore della stampa libertaria. In Bombe a inchiostro. Luci e ombre della Controinformazione tra il ’68 e gli anni di piombo (Milano, Bur, 2008) viene descritto l’insostituibile ruolo che ebbe la controinformazione militante nel contrastare prima, e annullare poi, il tentativo di coinvolgimento della sinistra nelle trame nere. Particolarmente interessante la “controinformazione” dell’autore rispetto a errori di valutazione e di analisi nei quali caddero, in casi fortunatamente non troppo numerosi, quanti si dedicarono, in quegli anni, a costruire una verità completamente diversa da quella del potere.
Per finire Il pistarolo. Da Piazza Fontana trent’anni di storia raccontati da un grande cronista (Milano, Il Saggiatore, 2006) di Marco Nozza, cronista de «Il Giorno» negli anni caldissimi delle stragi di Stato e dei depistaggi dei servizi. Nell’ambito della stampa “borghese”, il suo giornale fu quello che per primo, e più di tutti, si adoperò per la ricerca di una verità che fosse diversa da quella proposta dal potere e dai suoi servi. Con uno stile avvincente, che riecheggia quello delle sue inchieste, l’autore ricostruisce, in tutta la prima parte del volume, la tumultuosità di quegli avvenimenti, dal fatidico 12 dicembre fino ai numerosi, inutili e ridicoli processi che avrebbero dovuto giudicare lo Stato. Purtroppo è ancora attuale l’attinenza con queste vicende: anarchici che hanno trovato la morte nelle grigie stanze del potere. Un pugnale e un talismano. Sole e Baleno 1998-2008. Materiali della mostra ed allegati (Torino, Via S. Ottavio, 2008) è un piccolo opuscolo che ricorda la tragedia del suicidio in carcere di Edoardo Massari e Soledad Rosas, vittime incolpevoli di una insensata e crudele persecuzione giudiziaria nella “civilissima” città di Torino. È un atto d’amore, ma anche una denuncia politica che ci restituisce i volti e le parole dei due compagni. Opportuna, ed evidentemente anche necessaria, la prima ristampa nel 2008 de Le scarpe dei suicidi. Sole Silvano Baleno e gli altri di Tobia Imperato. Le torinesi Autoproduzioni Fenix ripropongono all’attenzione di chi non si vuole lasciar distrarre dalle sirene di un potere costantemente autoassolutorio i particolari di questa vicenda, ricostruita in tutti i suoi aspetti con la lucida rabbia che nasce dalla consapevolezza della ingiustizia.

Umanità Nova annuncia la morte di Franco
Serantini (n. 17 del 13 maggio 1972)

Anche di Franco Serantini, il giovane anarchico pisano bastonato a morte dalla polizia nei lungarni pisani nel 1972 e lasciato morire in carcere, occorre ricordarsi. Perché la sua sorte, una delle più drammatiche fra le tante degli anni settanta, fu di una crudeltà assolutamente disumana, nella quale la violenza del potere ebbe modo di manifestarsi in tutta la sua pienezza. E allora è quanto mai opportuna la riedizione de Il Sovversivo. Vita e morte dell’anarchico Serantini, il bellissimo libro di Corrado Stajano, accompagnato dal dvd S’era tutti sovversivi di Giacomo Verde, altrettanto bello e coinvolgente (Milano-Pisa, A Editrice e BFS edizioni, 2008), perché questi due testi permettono una lettura e una visione assolutamente necessarie per chiunque voglia capire fino a che punto può arrivare la brutalità delle istituzioni statali.


Sacco e Vanzetti

La storia, e gli anarchici, non dimenticano Pinelli e Piazza Fontana, e altrettanto fanno rispetto alla vicenda di Sacco e Vanzetti. Infatti non sono pochi i libri usciti nel breve lasso di tempo di cui ci occupiamo, coincidente, nel 2007, con l’ottantesimo della loro esecuzione. Innanzitutto segnalo molto volentieri un classico del famoso scrittore americano John Dos Passos, finalmente tradotto in italiano. Davanti alla sedia elettrica. Come Sacco e Vanzetti furono americanizzati (Santa Maria Capua Vetere, Spartaco, 2007), è sicuramente una delle più interessanti testimonianze dirette, e anche delle più toccanti fra le tante che ci sono rimaste di quella tragica vicenda perché fu scritto, con lucida passione, nel vivo della campagna per salvare i due anarchici italiani dalla sedia elettrica. La ristampa dell’edizione del 1966 del libro di Francis Russell, La tragedia di Sacco e Vanzetti (Milano, Mondadori, 2005), è uscita in concomitanza con l’indecente sceneggiato messo in onda da Canale 5. L’autore, classico giornalista d’indagine della tradizione anglosassone, ripercorre con una prosa accattivante e avvincente quelle vicende cercando di mantenersi neutrale e “obiettivo”, anche se poi le sue conclusioni, che vorrebbero parzialmente “revisionare” una verità storica ormai consolidata, appaiono decisamente per nulla convincenti. Anche Erich Mühsam, di cui abbiamo già detto in precedenza, si occupò dei due anarchici italo-americani, con il testo teatrale Ragion di Stato. Una testimonianza per Sacco e Vanzetti (Roma, Salerno, 2007), oggi ristampato nell’ottantesimo anniversario dell’esecuzione. L’autore condivise con Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti un destino segnato dall’atrocità e dalla crudeltà del potere, infatti fu brutalmente torturato fino alla morte in un lager nazista nel 1934.

Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti
nel famoso "ritratto" di Ben Shanh

Alberto Gedda ha curato una raccolta di documenti che ci consentono di guardare in presa diretta questa vicenda. Si tratta di Gridatelo dai tetti. Autobiografia e lettere di Bartolomeo Vanzetti (Saluzzo, Fusta, 2005), che comprende l’autobiografia di Bart e una selezione delle sue lettere dal carcere, ancora oggi uno dei documenti più toccanti e significativi dalla storia sociale del Ventesimo secolo. Anche l’instancabile editore Giuseppe Galzerano di Casalvelino Scalo è tornato ad occuparsi di Vanzetti, ripubblicando, nel 2005, Una vita proletaria, uno splendido racconto in prima persona nel quale viene narrata una vita esemplare dedicata al riscatto degli umili e all’affermazione della libertà. Segue L’ultima notte di Bartolomeo Vanzetti (Civezzano di Trento, Nonluoghi, 2005). L’autore Carlo Capuano è “pittore, grafico e scrittore” e si trasforma in Vanzetti. Parlando in prima persona, ripercorre quella storia lontana, dalla fuga dalla natia Villafalletto all’arrivo in America e alla frequentazione dell’ambiente anarchico italo americano, fino alla notte precedente l’esecuzione sulla sedia elettrica. Struggente e coinvolgente, vi risaltano ancora una volta la pacatezza e il fiero orgoglio con i quali Vanzetti affrontò la propria sorte. Ultimo arrivato, il lavoro di Lorenzo Tibaldo, Sotto un cielo stellato. Vita e morte di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (Torino, Claudiana, 2008), un bel saggio corredato da numerose illustrazioni e dall’introduzione del regista Giuliano Montaldo, nel quale l’autore, grazie anche a documenti inediti, inserisce la vicenda dei due anarchici italiani nel complesso quadro della società americana degli anni Venti, contribuendo così a far comprendere meglio il clima forcaiolo da una parte e la possente mobilitazione popolare dall’altra che caratterizzarono i sette drammatici anni durante i quali si compì quell’infamia.


Anarchici ed ebrei

I rapporti fra movimento anarchico e mondo ebraico sono stati, a più riprese e in più occasioni, molto stretti. E alcune delle figure più importanti dell’anarchismo internazionale appartengono alla cultura ebraica. Ad esempio Bernard Lazare, intellettuale anarchico francese che ai tempi del drammatico Affaire Dreyfus, prima prova di antisemitismo organizzato scientificamente dal cattolicesimo più tradizionalista, scrisse Contro l’antisemitismo (Roma, Datanews, 2004). Uscito prima del famoso J’accuse di Émile Zola, questo coraggioso pamphlet ripercorreva le drammatiche tappe del celebre caso, mettendo in evidenza la matrice razzista delle false accuse al capitano francese. Affiancano gli scritti di Lazare il breve Per gli ebrei di Zola, e alcune note coeve sull’autore, scritte da Charles Péguy e da Pierre Victor Stock, il famoso editore di Bakunin e Kropotkin. Un altro pensatore e intellettuale ebreo è il tedesco Gustav Landauer, di cui oggi esce la seconda edizione italiana de La rivoluzione (Pescara, Samizdat, 2002), pubblicata in lingua originale nel 1907. Come scrive Giorgio Sacchetti nell’introduzione, Landauer dapprima aderì al Partito socialdemocratico, poi fu militante anarchico e fondatore della Lega Socialista. Suoi, in Italia, erano usciti solo due opuscoli a cavallo fra ’800 e ’900 (Da Zurigo a Londra del 1896 e Socialismo e Parlamentarismo del 1919), eppure Landauer fu, con Johan Most, uno degli elementi più attivi e determinati nel tentativo di sottrarre i lavoratori germanici all’egemonia statalista e collaborazionista dell’Spd. Di Rudolf Rocker è uscito, nell’ormai lontano 1996, Artisti e ribelli. Scritti letterari e sociali, forse l’ultima pubblicazione curata da Aurelio Chessa per le edizioni Archivio Berneri di Cecina. Rimedio ora alla involontaria dimenticanza occorsa nella precedente Bibliografia. L’ebreo tedesco Rocker, autore, tra l’altro, del fondamentale Nazionalismo e cultura, è stato uno dei più importanti esponenti della cultura anarchica internazionale, come testimoniano la vastità e profondità degli interessi culturali e sociali in questa raccolta di articoli. Particolarmente stimolanti i suoi contributi su Tolstoi e sul rapporto fra socialdemocrazia e anarchismo. Arturo Schwarz, figura eclettica e “grande vecchio” del mondo artistico milanese, ha frequentato, nella sua lunga esperienza di impegno politico, anche l’ambiente dell’anarchismo. La sua profonda identità ebrea si coniuga con quella anarchica, come lui stesso spiega in questo suo Sono ebreo, anche. Riflessioni di un ateo anarchico (Milano, Garzanti, 2007), dove afferma che “essere ebreo significa tentare d’essere degno di una tale eredità culturale e riconoscersi negli ideali dell’ebraismo, e quindi del sionismo e dell’anarchia. Tutti questi ideali sono contenuti in una sola parola: Rispetto”.


Letteratura

Parecchie, anche in questa rassegna, le opere letterarie che vedono protagonisti, a vario titolo, anarchici e anarchia. Il risveglio d’interesse sul suo passato, rimosso durante il lungo regime franchista, sta producendo in Spagna una copiosa produzione letteraria sulla guerra civile e quindi, in tale contesto, non possono mancare storie e racconti sulla massiccia presenza libertaria in quelle vicende. Antonio Rabinad ha scritto La suora anarchica (S. Maria Capua Vetere, Spartaco, 2006), un avvincente e originale romanzo, diventato poi la sceneggiatura del film Libertarias. Ispirandosi ad alcuni spunti offerti dalla lettura di Mujeres Libres di Mary Nash, l’autore narra l’esperienza di Juana, una giovane suora, costretta ad abbandonare il convento, che decide di unirsi al gruppo libertario Donne Libere, con il quale partecipa agli avvenimenti della guerra e della rivoluzione. Questo racconto si segnala anche per il caldo “affetto” con il quale l’autore ricostruisce quelle tragiche e irripetibili giornate. Uno dei più affermati scrittori catalani, Jaume Cabré, ha scritto un bellissimo e complesso romanzo, Le voci del fiume (Roma, La Nuova Frontiera, 2007), sulla Spagna appena uscita dalla guerra fra fascismo e rivoluzione. Nonostante la macabra “pacificazione” imposta dai franchisti, c’è ancora chi si batte disperatamente, fra le montagne pirenaiche, per contrastare il potere del nuovo Stato. In un’atmosfera di tragedia, segnata dalla selvaggia bellezza dei luoghi, si svolge la vicenda di un maestro venuto da Barcellona, paradossalmente santificato come martire della “barbarie sovversiva”, quando invece anch’egli combatte, all’insaputa della comunità, a fianco dei ribelli e del maquis. Davvero un significativo capolavoro della nuova narrativa sociale spagnola. Del galiziano Manuel Rivas segnalo una raccolta di racconti brevi, La lingua delle farfalle (Milano, Feltrinelli, 2005). Fra questi, due perle, che ne arricchiscono il valore e ci portano all’anarchia. Il primo, La lingua delle farfalle, è la drammatica storia del rapporto che ha con i suoi giovanissimi allievi un maestro libertario, epigono della Scuola Moderna di Ferrer. Un educatore che pagherà con la vita il suo amore per la libertà (da questo racconto è stato tratto il bellissimo film omonimo). Il secondo racconto, Verso le montagne, narra la paradossale vicenda del pappagallo Pio IX, addestrato a ripetere tutto ciò che gli si insegna. Ma quando, dopo aver ascoltato per giorni un gruppo di operai che passa davanti al suo balcone, comincerà ad esclamare “Viva l’anarchia!” di lui non si saprà più niente. Probabilmente sottratto agli occhi del mondo dalla bigotta padrona.

Foglio volante di un cantastorie che narra
la storia di Sante Caserio (fine Ottocento)

Giuse Alemanno ha scritto un sanguigno romanzo ambientato in una Puglia arcaica e senza tempo, Terra nera. Romanzo perfido e paradossale di cafoni e d’anarchia (Roma, Stampa Alternativa, 2005), dove la propaganda e la diffusione del pensiero anarchico, portato in quelle lande da un immaginario Malatesta, si intersecano con le vicende, e la conseguente ribellione, di uno sfruttamento ancestrale e primitivo. Rino Gualtieri in Per Quel Sogno di un mondo nuovo. I brevi anni di un anarchico lombardo (Milano, Euzelia, 2005) rievoca la figura di uno fra i più conosciuti personaggi dell’anarchismo italiano, Sante Caserio, il giovane fornaio che uccise il presidente della Repubblica francese Sadi Carnot. Attento conoscitore della Milano ottocentesca, Gualtieri descrive l’atmosfera di una città al tempo stesso ostile ed ospitale verso il giovane fornaio, e nella felice “invenzione” della sua scarna biografia coglie con lucidità le ragioni che spinsero Caserio a immolare la sua giovane esistenza sull’altare del riscatto dalla miseria e dall’oppressione. Restando in Lombardia, segnalo di Marcello Zane Il caso Campo Fiera (Gavardo, Liberedizioni, 2003). A metà fra invenzione letteraria e indagine storica, l’autore ricostruisce una tragica vicenda, la caduta mortale di un bimbo da un albero, avvenuta alla fine della Grande guerra nel popolare quartiere bresciano di Campo Fiera. Il protagonista, nello sforzo di venire a capo dei perché di quell’incidente, penetra gradualmente nella ricca storia sociale di quella compatta comunità, imbattendosi nel folto gruppo di anarchici e libertari – tra cui spicca la figura di Ettore Bonometti – che furono protagonisti, in quegli anni, della tenace resistenza all’affermarsi del regime fascista. Si è abituati a pensare alla bergamasca solo come terra di bigotti ieri e di leghisti oggi. Ma anche qui fiorisce il seme della ribellione, come narra Roberto Trussardi nel suo bel romanzo La taverna del diavolo. I sette omicidi dell’anarchico Simone Pianetti (Viterbo, Stampa Alternativa, 2007). Il protagonista, fuggito dalle sue valli per emigrare in America, conosce e aderisce all’anarchismo e conduce, con compagni come Gaetano Bresci, una dura lotta contro mafiosi e padroni. Costretto a rientrare in Italia, si scontra ripetutamente con la cultura ferocemente reazionaria e bigotta del suo paese, tanto da essere ridotto in miseria a causa delle persecuzioni morali ed economiche alle quali è sottoposto, a causa delle sue idee e della sua scelta di vita. Come dice il sottotitolo, sarà con sette omicidi che si vendicherà dei suoi persecutori, riuscendo comunque a sfuggire alla “giustizia” riparando nuovamente negli Stati Uniti. Il diavolo ricorre ancora nel romanzo di Alessandro Bertante, Al Diavul (Venezia, Marsilio, 2008), dove il protagonista, Errico Nebbiascura, sfugge alla soffocante repressione di una Italia soggiogata dal fascismo e porta il suo indomabile spirito ribelle in Spagna, combattendo, al fianco di Marisol, nella mitica Columna de Hierro durante la rivoluzione spagnola. Questo romanzo, scritto con passione e pieno coinvolgimento per l’affascinante avventura umana del suo protagonista, si fa davvero leggere tutto d’un fiato. Un’altra storia sanguigna e terragna è quella raccontata da Piero Chicca in Provenza e figlio (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2005), una sorta di romanzo sociale ambientato nel padule di Massaciuccoli, fra gli anni Trenta e quelli della Liberazione. Un selvatico cacciatore, Ideale Libertario, e il figlio Ferrero sono costretti, per sopravvivere alla quotidiana miseria, a fare le guide di caccia per arroganti professionisti e gerarchi fascisti. Dopo orgogliose rinunce e scelte dettate dalla necessità materiale, eccoci al tragico finale, segnato dalla morte di Ferrero, enigmatico e tenebroso personaggio, ricco di contraddizioni. Finale reso ancora più efficace dal linguaggio ricco e colorito, pieno di locuzioni toscane e dialettali. Vincenzo Argenio ripercorre, nel suo Orme nella nebbia. Romanzo (Benevento, Kat Edizioni, 2007), l’avventura malatestiana del Matese. Quando Cafiero, Malatesta e un pugno di audaci internazionalisti tentarono di portare la rivoluzione nelle selvagge montagne fra Molise e Campania. Ricostruito con particolare attenzione alla realtà storica, questo poderoso romanzo si segnala anche per la partecipazione sincera con la quale l’autore descrive non solo i fatti ma anche le emozioni e i pensieri, a tratti commoventi, di quei protagonisti. Da Mazas a Gerusalemme (Firenze, Gratis, s.d.) è il romanzo autobiografico di Zo d’Axa, pseudonimo di Alphonse Gallaud, uno dei personaggi più estroversi ed originali della cultura sovversiva francese a cavallo fra Otto e Novecento. Animatore de l’endehors, l’irriverente periodico dagli irriducibili contenuti anarchici al quale collaborano scrittori e propagandisti quali Grave, Malato, Mirbeau, Darien e Descaves, e de La Feuille, sul quale disegneranno i migliori illustratori francesi, racconta con una prosa straordinariamente fresca le peripezie giudiziarie alle quali lo portarono le sue costanti prese di posizione contro il potere ecclesiastico, militare ed economico del suo paese. Gian Carlo Fusco è stato un famoso scrittore e giornalista, ai vertici del successo letterario soprattutto negli anni sessanta. In questo sorprendente romanzo, Duri a Marsiglia (Torino, Einaudi, 2005), ambientato in una Marsiglia dai tratti romanticamente balordi e criminosi come si conviene a un giallo di maniera, il protagonista è un giovanissimo anarchico ligure che nei primi anni trenta fugge dall’Italia per sottrarsi al regime fascista. Giunto nella “capitale morale” della mala, pur mantenendo l’amore per l’anarchia e per le poesie di Baudelaire, non esita a introdursi nel milieu delle zone del porto, diventando uno degli uomini più affidabili e “valenti” della cosca dei calabresi. Un bel giallo d’ambiente con la curiosa scoperta di trovare un anarchico impegnato nella lotta per il controllo del territorio ingaggiata dalle bande marsigliesi. Restando in Francia, segnalo la seconda edizione del romanzo di Jean-Patrick Manchette, Nada (Torino, Einaudi, 2000), giù uscito in Italia nel pieno degli anni Settanta e della lotta armata. Qui si tratta di una banda di anarchici parigini che sequestra l’ambasciatore degli Stati Uniti a Parigi, convinta con questo gesto di portare un attacco “al cuore dello Stato”. Il tragico finale, una sparatoria feroce e drammatica, riproduce una stagione di lotte che sembra ormai appartenere alla preistoria. Un grande scrittore per un romanzo, a mio parere, tutto sommato, abbastanza mediocre. Georges Simenon, il famosissimo creatore di Maigret, ha scritto, negli anni Trenta, Cargo (Milano, Adelphi, 2006), dove protagonista è una giovane coppia di anarchici parigini in fuga dalla capitale francese e dalla patria, in seguito a un sanguinoso attentato commesso dal loro gruppo. L’ambiente degli anarchici parigini poteva essere descritto con un po’ più di precisione e anche le avventure esotiche e i personaggi pittoreschi che accompagnano il loro peregrinare potevano essere, volendo, un po’ meno esotiche e un po’ meno pittoreschi.

Di tutt’altro spessore Il maestro di Pietroburgo (Torino, Einaudi, 2005) del premio Nobel per la letteratura J. M. Coetzee. Nella Pietroburgo del 1869, Dostoevskij torna dall’esilio tedesco, cui è costretto per sfuggire ai creditori, per raccogliere le memorie del figliastro Pavel, morto in circostanze misteriose alcuni mesi prima e già fervente seguace di Sergeij Necaev, autore del Catechismo del Rivoluzionario che tanto influenzò, e non sempre per il meglio, anche Bakunin. L’incontro fra lo scrittore e il rivoluzionario, teso e affilato come la lama di un coltello, ci porta là dove si combatteva la spietata lotta fra i nichilisti votati alla morte e l’autocrazia zarista. Un altro corposo romanzo che merita senz’altro di essere letto è Il collare spezzato di Valerio Evangelisti (Milano, Mondadori, 2006). Ambientato nel Messico rivoluzionario dei primi decenni del Novecento, racconta dell’epica, gloriosa lotta del popolo messicano contro una casta politica e militare che nulla vuole concedere sul piano delle libertà civili ed economiche. Indios, intellettuali, uomini e donne dal coraggio disperato e indomabile animano le belle e coinvolgenti pagine di questo libro, e fra tutte spicca quella su Ricardo Flores Magon, il pubblicista anarchico che dette un contributo fondamentale nel mantenere la lotta rivoluzionaria nell’ambito libertario. Dal Messico all’Argentina, con il breve racconto di Nico Francalanci, L’anarchico che cade nelle mie mani deve aver litigato con la vita se continua a essere anarchico (Roma, Robin edizioni, 2007). Siamo a Buenos Aires e a Rosario, le città argentine dove si combatte, crudele, incessante ed epica, la lotta mortale fra un gruppo di anarchici espropriatori ed illegalisti, e le forze di polizia, legittimate a calpestare le stesse leggi dello Stato pur di annientare gli irriducibili nemici dell’ordine borghese. Attento a riportare con precisione cronachistica fatti e figure ormai dimenticate, questo breve volumetto fa riemergere una realtà e un milieu che segnarono la vita del grande paese sudamericano negli anni Venti. Interessante l’aspetto dialettico, molto meno quello narrativo, un po’ confuso e superficiale a mio parere, di Istante propizio, 1855 (Palermo, duepunti edizioni, 2007) di Patrik Ourednik. Ricalcando la storia della Colonia Cecilia di Giovanni Rossi, impiantata in Brasile sul finire dell’Ottocento, si narra di un gruppo di anarchici che parte dall’Italia e dall’Europa per creare, nel nuovo mondo, una società di liberi e uguali ispirata agli ideali anarchici. Le difficoltà e le contraddizioni che segnarono, nella realtà, l’esperienza comunitaria di Rossi, si ritrovano tutte in questo Istante propizio. Per finire l’originale, intrigante e avvincente racconto di Marco Sommariva, Il venditore di pianeti (Ragusa, Sicilia Punto L, 2006 e Milano, Marco Tropea, 2007). Un testo “strano”, sperimentale nella struttura del testo e “fantastico” nell’invenzione letteraria, con i personaggi che interloquiscono nell’atmosfera surreale di una cittadina della Liguria.


Attualità del pensiero anarchico e della pratica libertaria

Colin Ward è una delle figure più importanti della cultura anarchica di questi ultimi decenni, già autore di numerosi altri saggi pubblicati in Italia sempre da Eleuthera. Qui abbiamo la seconda edizione di Anarchia come organizzazione. La pratica della libertà (Milano, Eleuthera, 2006), un saggio davvero prezioso che si inserisce nel solco della migliore tradizione pragmatica del pensiero anglosassone. Ward spiega come l’anarchia sia “una efficace forma di organizzazione non gerarchica, e come tale… una vivente realtà sociale”. Inutile dire che ci trova perfettamente d’accordo. Altrettanto stimolante un altro suo lavoro, L’anarchia. Un approccio essenziale, sempre pubblicato dalla milanese Eleuthera nel 2008. Qui il teorico britannico affronta l’argomento sia nella sua dimensione storica ripercorsa a grandi passi sia in quella più propriamente teorica, individuando, con ottime ragioni, l’universalità temporale e spaziale dell’approccio anarchico nella incessante ricerca della realizzazione di una vita improntata a principi egualitari e solidaristici. Restando nel campo della riflessione sul ruolo dell’anarchismo nella società post moderna, che ha visto cambiare radicalmente i suoi punti di riferimento e di rappresentazione, un ottimo contributo è offerto da Richard J. F. Day con il suo Gramsci è morto. Dall’egemonia all’affinità, pubblicato da Eleuthera nel 2008: l’occasione per rivedere certezze assodate del Novecento, rimesse in discussione nel nuovo millennio. Noam Chomsky è uno dei maggiori linguisti contemporanei, ma è conosciuto anche come stimatissimo autore di testi di filosofia politica fortemente impregnati della solida cultura libertaria di formazione anglosassone. Ne abbiamo un altro esempio nella bella antologia Anarchismo. Contro i modelli culturali imposti (Milano, Marco Tropea, 2008), dove troviamo, in una decina di saggi e interviste quanto mai attuali e stimolanti, una sorta di summa del suo pensiero. Di Oscar Wilde si conoscono le snobistiche, ma anche tragiche vicende che ne fecero uno dei più rappresentativi personaggi della società vittoriana. Meno si conosce del suo spirito antiautoritario che ne fece un ribelle cosciente e consapevole in lotta contro i moralismi e le ipocrisie della sua epoca. Nel suo saggio L’individuo nella società socialista (Ragusa, La Fiaccola, 2006), riproposto a distanza di alcuni decenni dall’ultima edizione del 1982, sorprende la felice congiunzione fra l’affermazione di uno spirito fortemente individualista e la fiducia nella realizzazione di una società socialista. Anche il grande Lev Tosltoj ha avuto una lunga contiguità con l’anarchismo del suo tempo, confrontandosi direttamente con il pensiero antiautoritario e antimilitarista dei libertari. Una rondine fa primavera. Scritti sulla società senza governo con i giudizi degli anarchici italiani (1891-1910) (S. Maria Capua Vetere, Spartaco, 2006) è un’altra delle intelligenti iniziative editoriali della vivace casa editrice concittadina di Malatesta, alla continua ricerca di testi tanto rari quanto ancora in grado di parlare al lettore di oggi. Questa antologia, ottimamente curata da Piero Brunello e corredata dai commenti, a volte anche salaci, di molti dei più “importanti” militanti anarchici, da Pietro Gori a Luigi Fabbri, da Luigi Galleani a Errico Malatesta, ci rivela una volta di più lo spirito profondamente libertario del grandissimo scrittore russo. Fra i grandi intellettuali, liberi e libertari, del secolo scorso, non si può dimenticare Albert Camus, autore di straordinari romanzi e di un libro fondamentale del pensiero antiautoritario quale L’uomo in rivolta. La milanese Eleuthera ha pubblicato nel 2008 Mi rivolto dunque siamo, una sua bella antologia, curata da Vittorio Giacopini, utile per riconoscere la ricchezza e l’originalità di un pensiero sempre contiguo all’anarchismo, di una delle menti più acute della cultura francese. È particolarmente tempestivo nell’affrontare il problema della proprietà intellettuale e del rifiuto del copyright, così diffuso negli ambienti della cultura alternativa e antagonista, l’agile volumetto di Benjamin R. Tucker, Copia pure. Il diritto di copiare nei saggi dell’anarchico Benjamin R. Tucker (Viterbo, Millelire Stampa Alternativa, 2000) corredato dall’introduzione di Alberto Mingardi e dalla postfazione di Guglielmo Piombini. Non banale e in grado di offrire molti spunti alla fantasia creatrice dei sovversivi è il prontuario Ricette per il caos. Manuale di resistenza urbana (Roma, Fazi Arcanalibri, 2006) del Collettivo CrimethInc, interessante sommario di azioni volte a rendere più efficace la sovversione antiistituzionale. Con un taglio decisamente non violento e creativo, le metodologie proposte, pur mantenendo il necessario carattere di illegalità, sono, al tempo stesso, praticabili ed utilizzabili da tutti e non solo da “pericolosi estremisti”. Da reclaim the streets a food not bombs, dalle performance di guerriglia ai graffiti e ai cortei in bicicletta, ce n’è per tutti e per tutti i gusti. E sempre con spirito gioioso e solidale. Di John Zerzan il «New York Times» scrive che è l’anarchico più importante del nostro tempo. Sicuramente un’esagerazione, resta comunque il fatto che il teorico del primitivismo e del ritorno a un nuovo stato di natura non manca certo di suscitare interrogativi e riflessioni molto importanti. E soprattutto estremamente inquietanti nella loro drasticità. Lo dimostra anche questo Senza via di scampo. Riflessioni sulla fine del mondo, mandato alle stampe nel 2007 dalla editrice romana Arcana. Persio Tincani ha curato una interessante antologia di scritti rivoluzionari, che partono dalla Rivoluzione francese con Robespierre per arrivare a quella cubana e alla Essenza della lotta guerrigliera del Che. E in questo Viva la rivoluzione! Come dire no al potere. Da Robespierre a Che Guevara (Milano, Rizzoli, 2006) non potevano certo mancare gli anarchici. Ecco quindi Bakunin con Stato e anarchia, Malatesta con articoli tratti da «Pensiero e Volontà» e brani di Anarchia e comunismo di Carlo Cafiero. Felice la scelta di illustrare lo spirito della rivoluzione spagnola con le parole di Abel Paz, che racconta la Barcellona rivoluzionaria nel suo Spagna 1936. Un anarchico nella rivoluzione.


Una presenza costante

Gli anarchici modenesi del Gruppo “Rivoluzio Gilioli” gravitano intorno alla comunità di Libera, una delle realtà più vivaci e frizzanti dell’anarchismo italiano, purtroppo in tempo recentissimi smantellata, fisicamente ma non certo idealmente, dalla violenza e dall’arroganza del potere. Il Programma (Modena, G. A. “R. Gilioli”, 2006), è una chiara dichiarazione di intenti in stile malatestiano che intende esprimere, anche se in poche pagine, il desiderio di cambiamento e libertà che li anima. Franco Leggio è stato uno degli anarchici più conosciuti e rappresentativi del secondo dopoguerra. Militante tenace e combattivo, sempre disponibile all’azione e all’impegno quotidiano, incapace di mediazioni, ha profuso per lunghi anni una attività particolarmente intensa e determinata. Proletario autodidatta, è riuscito a dare vita ad iniziative editoriali che nulla hanno da invidiare a editrici più blasonate, e i suoi Le parole e i fatti. Cronache, polemiche, reportages 1946-1959 (Ragusa, Sicilia Punto L, 2007), in parte qui raccolti da Pippo Gurrieri, il suo vero “erede” spirituale, rendono la misura delle sue notevoli capacità di analisi e comunicazione. Curato nel 2005 dall’Istituto Salvemini e dalla Biblioteca Pietro Gori di Messina, l’opuscolo Pagine d’anarchia. Tre conferenze raccoglie tre delle più significative conferenze tenute, in anni ormai lontani, dall’avvocato Placido La Torre, militante fin dalla fondazione della Federazione Anarchica Italiana. “Società senza Stato” è il titolo della prima, “L’arte e la poesia di Pietro Gori” quello della seconda. Nella terza, “Errico Malatesta nel 50° anniversario della sua morte”, è riproposto il discorso commemorativo che l’autore tenne ad Ancona nel 1982 quando, in quella città così “malatestiana”, si tenne una manifestazione nazionale a ricordo del rivoluzionario campano. Insegnante di materie letterarie e già riflessivo autore di testi sui problemi educativi, Rino Ermini ha raccolto nel breve libretto Non vale la pena vivere per meno di un sogno. La mia anarchia (Ragusa, La Rivolta, 2007) alcuni momenti della sua esperienza di docente. Particolarmente interessanti e originali i colloqui avuti con i suoi studenti “su temi quali l’anarchia, l’anarchismo, il movimento operaio e, più in generale, una società diversa da quella in cui viviamo, una società basata sulla libertà, l’eguaglianza, la fratellanza e la giustizia sociale”. Già autore dell’ormai “mitico” bolo ’bolo, p.m., con il suo Per un’alternativa libertaria (Lugano, La Baronata, 2006) propone alcune semplici indicazioni che “hanno il potere di schiudere in poche parole tutte le potenzialità di una organizzazione sociale liberata dal dominio del denaro e delle armi”. Insomma, una “modesta proposta” per cominciare a fare finalmente a meno del potere. Gli anarchici di Spezzano Albanese sono da anni presenti e attivi nella loro Calabria, dove portano avanti, con grande coerenza ed efficacia, la lotta per estendere orizzontalmente la capacità decisionale della popolazione, trovando fra la loro gente un consenso e una stima ormai proverbiali. L’opuscolo firmato dalla Commissione Comunalismo Libertario della Fai, Nessuna delega! Abbattere la piramide, costruire il comunalismo libertario (Spezzano Albanese, stampato in proprio, 2006) raccoglie e divulga in modo chiaro e convincente i postulati alla base dell’intervento comunalista, riproponendo al tempo stesso i principi teorici e ideali dell’anarchismo. Il Circolo dei Malfattori di Milano ha scritto una sorta di autobiografia, 32 anni di Anarchia in via Torricelli. Frammenti di attività (A) Milano sud, Milano, 2008, nella quale sono narrate le avventure e le pratiche di quella che è, ormai, una delle realtà anarchiche milanesi più longeve. Un bel modo per mostrare come questo gruppo di anarchici, nelle traversie di un trentennio sicuramente non facile per chi si oppone al potere, sia ugualmente riuscito a farsi conoscere ed apprezzare nella realtà del proprio quartiere. Di Codello, e della sua professionale passione per gli studi sulla pedagogia libertaria, abbiamo già scritto altrove. Qui segnaliamo la raccolta degli articoli più significativi apparsi in questi ultimi anni soprattutto su «A-Rivista anarchica» e su «Libertaria», Vaso, creta o fiore? Né riempire, né plasmare ma educare (Lugano, La Baronata, 2005). Nell’insieme è un saggio ricco e complesso, teso a dimostrare e denunciare il carattere intrinsecamente autoritario del sistema scuola e le opportunità di sviluppo intellettuale e di emancipazione sociale offerte da una impostazione antiautoritaria della educazione. Quanto mai opportuno, quindi, in questa fase di totale restaurazione di tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Manifesto degli Antimilitaristi Anarchici,
Carrara 1977

Organizzato da realtà anarchiche e libertarie liguri, il convegno antimilitarista di cui sono qui riportati gli atti, Contro la guerra e le servitù militari. Atti del Convegno antimilitarista, Genova-La Spezia, 2005 (Ragusa, La Fiaccola, 2007), ha visto impegnati una decina di relatori, preceduti dall’introduzione di Pietro Stara sul senso e sul significato dell’antimilitarismo anarchico nella società attuale. In un presente nel quale è tornata a imporsi prepotentemente la logica delle armi giustificata dalla più impunita violenza statale, è quanto mai necessario l’impegno fortemente ostile a tutti gli eserciti quale emerge con chiarezza da queste pagine. Restando nell’ambito dell’antimilitarismo, segnalo di Jean Bacon, Signori macellai. Breve storia della guerra e di chi la fa (Milano, Eleuthera, 2006). L’autore, già corrispondente della Bbc, non è certo un anarchico, ma la sua critica alla guerra, al concetto stesso di guerra, si inserisce pienamente nel solco del più ortodosso antimilitarismo libertario. E la amara, e paradossale conclusione che agli uomini la guerra piace e piace farla, non è frutto di una visione pessimistica della storia, ma l’espressione di una analisi decisamente concreta e poco consolatoria. Si sa che lo spazio è tiranno, e forse questa può essere la causa di alcune clamorose mancanze (Pietro Gori, A-Rivista, Usi, tanto per citarne qualcuna) presenti in Anarchismo (Milano, Alpha Test, 2007), una succinta antologia sull’anarchismo curata da Giuseppe Vottari. Comunque le voci che vi compaiono rispondono a scelte abbastanza originali e non troppo improprie, e anche i testi sono, pur nella loro necessaria essenzialità, molto corretti e puntuali. Altrettanto non si può certo dire del compendio di Pillole anarchiche (Roma, Malatempora, 2005) di Mauro Orrico. Colpisce l’assenza, là dove si elencano le iniziative editoriali del movimento, di realtà evidentemente giudicate marginali come «Umanità Nova», «A-Rivista», «Zero in Condotta», «Libertaria»... e via andare. Non ne manca una, al contrario, di quelle di area definita, più o meno propriamente, insurrezionalista. Oltre a questa discutibile scelta, il testo, anche se pensato per dare un’idea di quanto ha caratterizzato il pensiero libertario dalle sue prime espressioni a quelle attuali, si presenta tuttavia come una antologia sommaria e superficiale dell’anarchismo.

Chiudiamo questa sezione con un libro particolare, edito da Eleuthera nel 2008, che riassume, in un certo senso, tutti gli altri libri fin qui citati. Parliamo di A-Cerchiata. Storia veridica ed esiti imprevisti di un simbolo, una ricchissima rassegna fotografica del segno più “conosciuto e riconosciuto che ha finito con l’essere considerato un simbolo tradizionale dell’iconografia libertaria”. Accompagnano l’imprevedibile ricchezza espressiva di queste pagine, piene di “furti” più o meno consapevoli, le considerazioni e i commenti di artisti e intellettuali che hanno riconosciuto in quella A racchiusa in un cerchio un segmento della loro produzione intellettuale.


Un occhio sulla società

Editori e autori anarchici hanno prodotto alcuni testi non prettamente anarchici, ma la chiave di analisi e di lettura di questi rientra pienamente in una griglia interpretativa libertaria. Antonello Mangano e Antonio Mazzeo, ferratissimi ambientalisti siciliani, hanno scritto Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Ragusa, Sicilia Punto L / terrelibere.org, 2006), senza dubbio uno dei testi più completi e convincenti sull’argomento. Si sa che per i siciliani impegnati nella difesa del territorio e di una qualità della vita continuamente messa a rischio, la lotta contro il progetto del Ponte sullo stretto di Messina ha assunto una valenza particolare e i “sette” motivi sono più che sufficienti per comprendere che dietro a questo progetto faraonico ci sono solo gli interessi di potentissime lobbies del capitale e del potere. Di Giuseppe Scaliati è uscito nel 2006 Dove va la Lega Nord. Radici ed evoluzione politica di un movimento populista, per i tipi della milanese Zero in Condotta. È una lettura attenta di uno dei fenomeni politici più interessanti e complessi di questi anni. Si descrive la parabola di un movimento radicato nel proprio tessuto sociale, che nasce anti-istituzionale, populista e a tratti anche eversivo, per diventare non una “costola della sinistra” come ebbe a sproloquiare D’Alema, ma il puntello fondamentale dei governi di centro destra e il braccio legale dei movimenti xenofobi e razzisti. Senza dubbio uno strumento utile per comprendere e combattere una ideologia-movimento tra le più ambigue e pericolose. Restando nel campo delle emergenze reazionarie, ecco l’interessante studio di Pietro Stara, La comunità escludente. La Nuova Destra tra piccole patrie e Europa nazione (Milano, Zero in Condotta, 2007) su un fenomeno, quello della recrudescenza di una destra aggressiva e fortemente strutturata, che sempre più richiede strumenti di analisi capaci e intelligenti. In questo saggio il collaboratore di «Collegamenti Wobbly» e «Umanità Nova», illustra il tentativo, neanche troppo velleitario, della Nuova Destra di trovare sponde strumentali anche nel campo tradizionale della sinistra. Provvidenziale, poi, il libretto di Lorenzo Monasta, da anni attivo nelle organizzazioni di supporto alla comunità Rom. In questo I pregiudizi contro gli zingari spiegati al mio cane (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2008) descrive in modo ironico e sarcastico, ma anche molto convincente, la montagna di pregiudizi e luoghi comuni che stanno influenzando profondamente lo spirito delle nuove disposizioni e dei nuovi provvedimenti presi irrazionalmente da un sistema di potere pesantemente forcaiolo.

Auschwitz-Birkenau. Il crematorio n. 5

Non è un libro ma un dvd, ma mi è assolutamente d’obbligo parlarne. Si tratta del doppio dvd + libretto “A forza di essere vento”. Lo sterminio nazista degli zingari (Milano, Editrice A, 2006). Nato da un’idea di Paolo Finzi, apparentemente azzardata e invece perfettamente tempestiva e opportuna in questa Italia che sembra fare del razzismo uno dei suoi tratti fondanti, racconta con una forza comunicativa straordinaria il tentativo nazista di sterminare un’intera etnia. Come nel caso degli ebrei, il progetto hitleriano non riuscì a completarsi, ma le sofferenze di quei due popoli restano come una vergogna indelebile della cosiddetta civiltà occidentale. In Afghanistan senza pace (Milano, Zero in Condotta, 2006), Marco Rossi ha raccolto gli articoli sulla guerra afghana apparsi fra il 2001 e il 2006, sul settimanale «Umanità Nova» fornendo al lettore un apparato di analisi coraggiose e di informazioni, spesso taciute, sulla cosiddetta missione “enduring freedom”. Quella che avrebbe dovuto portare pace, libertà e benessere in quel tormentato paese asiatico, continua invece a produrre tensioni internazionali senza aver raggiunto alcuno degli obiettivi per i quali era nata mobilitando una coalizione militare assurdamente sproporzionata. Infine, sempre per restare nell’ambito della repressione strisciante alla quale sembra ci si debba adattare, a cura del Comitato Promotore della “Campagna contro l’art. 270 e contro tutti i reati associativi”, Un bel tacer non fu mai scritto. Manuale di autodifesa politico-legale (Bologna, 2005), un nuovo “manuale di autodifesa politico legale”, erede di una tradizione particolarmente fiorente negli anni Sessanta e Settanta. Come allora, anche questa è un’opera “necessitata” dalle circostanze, dalla recrudescenza, cioè, dell’uso di strumenti solo e soltanto repressivi, gli unici con i quali il potere pretenderebbe di risolvere i sempre più inevitabili conflitti sociali. Un libretto opportunamente aggiornato da tenere, purtroppo, sempre in tasca.


Il personale è politico

“Il personale è politico” fu uno degli slogan più puntuali e pregnanti di anni che ormai paiono distanti secoli. Quella dichiarazione d’intenti rappresentò uno degli aspetti più significativi, e innovativi, nel modo di intendere l’impegno e la partecipazione sociale; contro la repressione dei comportamenti sessuali cosiddetti “anomali” e delle forme di resistenza alla cultura della produzione definita “malattia psichiatrica”. Oggi qualcosa fortunatamente è rimasto, ed è ancora possibile trovare testi dichiaratamente ispirati a una concezione libertaria del “personale”. Cominciamo con Passioni libertarie. Sentimento ed erotismo nel pensiero anarchico (Gavardo, Liberedizioni, 2005), di Clarita Kalimocio. Senza dubbio interessante e originale questa incursione nel privato degli anarchici, generalmente ben protetto e refrattario a mostrarsi. Accompagnate dalle citazioni di Fourier, Bakunin, Emma Goldman, Anna Kuliscioff, Vaneigem, Malatesta e altri, le osservazioni dell’autrice, che dedicando questo lavoro “ai [suoi] figli, oggi bambini, domani uomini, per una vita di libertà e di passioni”, mostra l’anarchismo non solo come un movimento politico o filosofico, ma come un pensiero “la cui forza e la cui importanza risiedono nella tensione morale e nella necessaria riflessione che esso promuove e sollecita”. Offre altri spunti di riflessione il saggio di Filippo Trasatti, Contro natura. Omosessualità, Chiesa e biopolitiche (Milano, Eleuthera, 2008), che tratta del persistente e repressivo rifiuto dell’omosessualità, particolarmente accentuato fra le gerarchie ecclesiastiche. In tutti i comportamenti sessualmente liberi il potere, sempre attento, anche per le vie più traverse, a legittimarsi come controllore della vita individuale, vede un pericolosissimo attentato all’integrità della “famiglia”. Dello scrittore tedesco Mackay, autore di un interessante romanzo sul mondo libertario, Gli anarchici, uscito nel 1898 e pubblicato in Italia dalla Casa Editrice Sociale nel 1921, sappiamo ben poco. Diventa quindi quanto mai utile questa biografia di Hubert Kennedy, Anarchico d’amore. La vita segreta di John Henry Mackay (Ragusa, La Fiaccola, 2007), che scava nell’intreccio profondo fra la omosessualità dello scrittore, appena mascherata dietro lo pseudonimo Sagitta, e le pulsioni libertarie che rivendicavano comportamenti personali, e sociali, assolutamente dirompenti rispetto al diffuso perbenismo che affliggeva le società europee. Per finire con il tema della libertà sessuale, abbiamo, di Jean-Manuel Traimond, Piacere dolore potere. Un approccio anarchico al sadomasochismo (Milano, Eleuthera, 2007). Già autore di una guida erotica al Louvre, edita l’anno precedente sempre da Eleuthera, l’autore mette in relazione due termini apparentemente antitetici quali anarchia e sadomasochismo, dimostrando invece come per entrambi sia centrale un tema comune, quello del potere e dell’autorità. Igiene mentale e libero pensiero. Sul controllo sociale della psichiatria (Milano, Zero in Condotta, 2007) è la raccolta degli atti del Convegno tenutosi a Rimini nel 2006, dal titolo “Libertaria-Mente: Igiene mentale? Libero pensiero!”. L’attenzione degli anarchici e dei libertari alle pratiche repressive in campo medico e soprattutto psichiatrico è sempre desta, e la qualità e radicalità degli interventi qui presentati lo stanno a dimostrare. E di conseguenza anche la ricerca di pratiche e strumenti “per altri sentieri circolari […] che nel loro percorso verso orizzonti di libero pensiero diano alternative e possibilità concrete e liberatorie da subito” diventa un fine da perseguire con ostinazione. Già edito da Eleuthera in una prima edizione nel 1993 e ripubblicato oggi dalla combattiva Sensibili alle foglie, la Critica al giudizio psichiatrico (Dogliani 2005) di Giorgio Antonucci è uno dei testi fondamentali dell’antipsichiatria. Se si pensava che la chiusura dei manicomi avrebbe risolto il problema del trattamento psichiatrico coercitivo, per la cui distruzione si batterono i Basaglia e gli Antonucci nei decenni passati, basta osservare le nuove realtà delle cosiddette strutture protette e dei trattamenti sanitari obbligatori, per comprendere quanto sia ancora lunga la strada da fare per liberarci dal giudizio psichiatrico. Chi lo conosce sa che Settimio Pretelli, del Gruppo Libertad di Rimini, è fra i compagni più sensibili e solidali del nostro movimento. Non sorprende, quindi, ritrovare, in queste brevi pagine, Senza spartito. Ricordi e riflessioni su un ventennio di esperienze educative (Rimini, Ausl di Rimini, 2007), scritte con Gilberto Mussoni, come lui educatore presso il Centro di Salute Mentale della Ausl riminese, l’umanità e la dedizione con le quali opera da vent’anni, nelle strutture pubbliche sanitarie. Ma Pretelli non è solo un “assistente sociale”, è anche un attento e informato conoscitore delle tante implicazioni, pratiche e teoriche, che rendono il suo lavoro così difficile e delicato. Sempre in tema psichiatrico, ma questa volta con un’attenzione particolare alla fascia più debole, quella dei bambini, segnalo, di Chiara Gazzola, Divieto d’infanzia. Psichiatria, controllo, profitto (Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2008). Inutile ricordare come sia assolutamente necessario un approccio genuinamente libertario quale è quello dell’autrice, per affrontare problematiche così complesse e soggette inevitabilmente ad agghiaccianti interessi economici e di controllo sociale.

Ambiente, arte e cultura

Dopo tanti testi di Murray Bookchin, il grande ecologista anarchico nord americano, ecco, finalmente, un bel testo, esauriente e chiaramente esplicativo, su Bookchin. Si tratta di La rivoluzione ecologica (Milano, Zero in Condotta, 2007) di Selva Varengo, una giovane studiosa particolarmente attenta alle tematiche dell’ecologia sociale e alle sue implicazioni con le tesi, sempre più necessarie e attuali, dello sviluppo sostenibile. A completare il volume, la bella prefazione di Nico Berti. Di Marco Sommariva abbiamo Pillole situazioniste (Roma, Malatempora, 2005). Come nel caso delle Pillole anarchiche di cui si è già detto, anche qui ci troviamo di fronte a una raccolta di aforismi, citazioni, “frasi famose” di alcuni degli spiriti critici più brillanti di questi decenni. Magari non tutti appartenenti in senso stretto a quel movimento che segnò più di quanto non si creda la cultura del secolo scorso. Ecco dunque, preceduti dai brevi tratti biografici dei loro autori (George Orwell, Aldous Huxley, Wilhelm Reich, Theodor Adorno, Guy Debord, Raoul Vaneigem, Hakim Bey, John Zerzan e Ivan Illich) questi “detti”, illuminanti e intesi a offrire “una chiave di lettura del mondo che ci spinge a tentare di rovesciare tutto l’esistente”. David Graeber è un antropologo statunitense, protagonista di numerose ricerche sul campo, e attivo nei movimenti no-global. I suoi Frammenti di antropologia anarchica (Milano, Eleuthera, 2006) “sono un puzzle di appunti e spunti di riflessione che delineano i tratti essenziali del possibile incontro tra una filosofia politica estrema (l’anarchismo) e una disciplina scientifica che ha le molteplici società umane come oggetto di studio”. Gli anarchici non intendono dimenticare Fabrizio De André, lo straordinario cantore di un’umanità disperatamente irriducibile alle sirene del potere. E lo fanno con una bella accoppiata, Fabrizio De André. Spesso mi ha fatto pensare, un cofanetto che contiene il libro di Romano Giuffrida, De André: Gli occhi della memoria. Tracce di ricordi con Fabrizio (Milano, Eleuthera, 2008) e il cd con libretto ed avevamo gli occhi troppo belli, pubblicato da A-Rivista. Ancora una volta fa piacere ritrovare lo spirito genuinamente libertario e non conformista del grande cantautore e delle sue composizioni.

Alessio Lega

Un’altra bella accoppiata è quella del cantautore Alessio Lega, autore di Canta che non ti passa. Storie e canzoni di autori in rivolta francesi, ispanici e slavi (Viterbo, Stampa Alternativa, 2008) con il contrabbassista Roberto Bartoli, produttore artistico del cd allegato al volume. In un lungo excursus sui testi di autori quali, ad esempio, Ferré, Brel, Vian e Moustaki, Alessio Lega costruisce una storia musicale che vede, come comune denominatore, un incoercibile desiderio di rivolta e libertà. Restando in campo musicale, anche se decisamente di tutt’altro genere, Anarcopunk di Ian Glasper edito nel 2008 dalla milanese Shake Edizioni. Una lunga cavalcata all’interno di un movimento che non fu solo una nuova e rabbiosa espressione musicale, ma anche una sorta di movimento politico che portava le tematiche dell’anarchismo su un terremo nuovo e tutto da sperimentare.

Julian Beck e Judith Malina,
fondatori del Living Theatre

Per finire, due titoli sul Living Theatre, la compagnia che, ispirandosi all’anarchismo, ha portato avanti la più radicale esperienza di sovversione teatrale novecentesca. GianCarlo Pagliasso e Thomas Walker hanno curato una antologia di testi inediti di Julian Beck, Diari. Una selezione degli scritti autobiografici 1948-1957 (Pasian di Prato, UD, Campanotto Editore), relativa agli anni in cui il fondatore del Living Theatre elaborava le basi del suo pensiero politico, teatrale, esistenziale. Una felice ripresa di un testo particolarmente brillante e importante è la nuova edizione, riveduta e aggiornata anche nell’apparato iconografico, di Storia del Living Theatre. Conversazioni con Judith Malina (Corazzano, Titivillus, 2008) di Cristina Valenti. In questa conversazione con la fondatrice, assieme a Julian Beck, del Living Theatre si ripercorre, in tutti i suoi aspetti, una delle avventure culturali più importanti e affascinanti del secolo scorso. L’afflato libertario di Judith, del suo teatro, della sua compagnia, continua ad animare la scena teatrale internazionale, praticando e propugnando sulle scene la “bella rivoluzione anarchica non violenta”.

Massimo Ortalli


Alcune case editrici anarchiche e libertarie

Autoproduzioni Fenix
Corso San Maurizio angolo via Rossini – Torino
http://www.inventati.org./fenix

BFS edizioni
via I. Bargagna, 60 - 56124 Pisa
tel. e fax: 050.9711432
info e corrispondenza: posta@bfs-edizioni.it
per ordini: acquisti@bfs-edizioni.it
sito: www.bfs-edizioni.it

Centro Studi Libertari Camillo di Sciullo
Via Porta Pescara 27 – 66100 Chieti
email: fab.pal@libero.it

Edizioni La Baronata
Casella postale 22 - CH-6906 Lugano
e-mail: baronata@anarca-bolo.ch
sito: www.anarca-bolo.ch/baronata

Edizioni La Fiaccola
Elisabetta Medda
via B. Croce 20 - 96017 Noto (SR)
tel. 0931839849
sito (catalogo): www.ecn.org/elpaso/distro/libri/lafiaccola_edizioni/lafiaccola.htm

Edizioni Zero in Condotta
AUTOGESTIONE
Casella Postale 17127 - 20170 Milano
fax: 022551994
email: zeroinc@tin.it
sito: www.zeroincondotta.org

Elèuthera editrice
via Rovetta, 27 - 20127 Milano
tel. 02 26 14 39 50
fax 02 28 04 03 40
c.p. 17002
email: info@eleuthera.it
sito: www.eleuthera.it

Giuseppe Galzerano Editore
84040 Casalvelino Scalo SA
tel. e fax 0974 62028
email: giuseppe.galzerano@tiscalinet
sito (catalogo): http://web.tiscali.it/felittonet/idx_gal.htm

Nautilus
Casella Postale 1311 - 10100 Torino
fax 011 6505653
email: nautilus@ecn.org
sito: www.ecn.org/nautilus

Sicilia Punto L
Giuseppe Gurrieri
vico Leonardo Imposa 4 - 97100 Ragusa
email: info@sicilialibertaria.it

Chi non riuscisse a rintracciare gli indirizzi di altre case editrici citate nel testo, può rivolgersi direttamente al curatore Massimo Ortalli massimo.ortalli@acantho.it, che si rende diponibile anche per ulteriori informazioni di carattere bibliografico.


Questo dossier esce come supplemento del n. 344 (maggio 2009) della rivista mensile anarchica “A”; direttrice responsabile: Fausta Bizzozzero; registrazione al tribunale di Milano n.72 in data 24.2.1971; stampa e legatoria: Officina Grafica – Milano; progetto grafico e impaginazione: Erre & Pi – Milano.

“A” esce regolarmente 9 volte l’anno dal febbraio 1971. Non esce nei mesi di gennaio, agosto e settembre. È in vendita per abbonamento, in numerose librerie e presso centri sociali, circoli anarchici, botteghe, ecc.. Se ne vuoi una copia/saggio, chiedicela. Siamo alla ricerca di nuovi diffusori.

Per qualsiasi informazione, compresa la lista completa dei nostri “prodotti” (dossier “Gli anarchici contro il fascismo”, letture di Bakunin, Kropotkin, Malatesta e Proudhon, volantoni della serie anti-globalizzazione, poster di Malatesta 1921, i nostri dossier, cd e dvd di /su Fabrizio De André, dossier e cofanetto su Franco Serantini, DVD sullo sterminio nazista dei Rom, lista di oltre cento cd, mc, ecc. della ‘Musica per “A”’, ecc.) contattaci. Se ci fai avere per fax, email o in segreteria telefonica il tuo indirizzo completo, ti spediamo a casa tutte le informazioni necessarie per poter ordinare quello che vuoi.

Una copia di “A” costa € 3,00, l’abbonamento annuo30,00, quello estero € 40,00, l’abbonamento sostenitore da € 100,00 in su.

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